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Gorgona, l’isola dove il riscatto è in vigna
«Da otto anni lavoro nelle vigne di Gorgona. Ho imparato un mestiere, mi sento utile e soddisfatto. Penso che un giorno, quando avrò scontato tutta la pena e potrò vivere il mondo fuori, saprò fare una cosa. Potrò spendermi e impegnarmi per avere una vita normale. Oggi grazie ai soldi guadagnati riesco a mantenere i miei figli a fargli dei regali. Quando si parla di Gorgona, sui giornali o in tv, loro sono orgogliosi: “È l’isola di papà. È il vino di papà”. E io sono felice». Shargui ha 50 anni, è tunisino, è arrivato in Italia nel 1989. Le strade che in Italia ha percorso lo hanno portano in carcere. A Napoli. Da otto però è a Gorgona, nell’unica isola di detenzione rimasta in Italia, con la straordinaria possibilità di vivere l’esperienza della rieducazione e del lavoro con l’agricoltura e la viticoltura. Qui dal 2012 c’è un progetto di Frescobaldi per produrre vino, un Cru di gran livello, dai poco più di due ettari di vigneti presenti nell’isola. E lo fa con i detenuti. «Adesso so cosa c’è dentro una bottiglia», dice fiero ed emozionato Shargui, mentre raccoglie i primi grappoli.
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