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Giornata del Malato: l’esempio di Madre Teresa, modello di carità che ha reso visibile l’amore di Dio per i poveri e i malati
Il dono come “paradigma” per sfidare l’individualismo e la frammentazione sociale. Il dialogo come via di crescita e sviluppo umano. Soprattutto, l’amore gratuito come unico criterio di azione senza distinzione di lingua, cultura, etnia e religione. C’è l’invito all’offerta di sé e del meglio che ciascuno può dare agli altri, con competenza e vicinanza solidale, al centro della Giornata mondiale del malato che ogni anno si celebra l’11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes. Nel messaggio per l’occasione il Papa indica come esempio madre Teresa di Calcutta, «modello di carità che ha reso visibile l’amore di Dio per i poveri e i malati».
La sua missione nelle «periferie esistenziali – sottolineava Francesco il 4 settembre 2016 nell’omelia della canonizzazione delle religiosa d’origine albanese – permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri». Uno stare accanto agli ultimi nel segno della gratuità che il Papa propone come strada maestra per chi opera nel campo della salute, dai volontari chiamati a incarnare la spiritualità del Buon Samaritano, alle strutture sanitarie cattoliche il cui codice di comportamento non può essere ispirato «alla logica del profitto a ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento che non guarda alle persone». «Nella gestione economica di queste realtà – ha spiegato all’agenzia Sir don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute – i principi ispiratori non possono essere quelli aziendalistici del profitto o della quadratura di bilancio a tutti i costi. Il bene delle persone deve restare il primo e principale obiettivo e la ragion d’essere di queste strutture.
A volte è difficile bilanciare risorse ed esigenze, cura delle persone ed equilibrio economico, ma un nuovo equilibrio è possibile laddove vengono attaccate sacche di spesa che ne pregiudichino il funzionamento. Quanto alla sanità pubblica, sono tre le grandi voci di spesa da abbattere: sprechi, corruzione e medicina difensiva. Tagliarle significherebbe recuperare risorse da immettere nel sistema sanitario nazionale».
Ma al di là delle gestione aziendale, la gratuità è vocazione, codice etico, dimensione spirituale, di ogni credente che si avvicina al letto di un malato, al capezzale di un sofferente. Il Papa – aggiunge Angelelli – «ci ricorda il dono della vita, ricevuta gratuitamente e non per merito nostro. Pertanto tutto quello che abbiamo va a riversato nel rapporto con gli altri. Ci vuole una rinnovata gratuità da parte di medici e infermieri perché oltre al lavoro professionale mettano quel di più, forse non contrattualizzato, sotto forma di gratuità del sorriso, della pazienza, dell’empatia con il paziente affinché si senta realmente preso in carico e accolto all’interno del sistema sanitario.
C’è bisogno di una rinnovata gratuità da parte dello stesso Sistema sanitario nazionale che si definisce universalistico perché la nostra Costituzione garantisce accesso gratuito alle cure a tutti coloro che sono sul suolo italiano ma sappiamo che nella realtà non è così». Chi invece non ha mai fatto mancare la sua vicinanza compassionevole ai sofferenti è stata Madre Teresa. Non a caso il cuore delle celebrazioni per la Giornata mondiale del malato è a Calcutta dove il Papa ha mandato come rappresentante l’arcivescovo di Dacca, il cardinale Patrick D’Rozario, che oggi presiederà una Messa solenne.
Nella delegazione vaticana anche il cardinale Peter K. A. Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che ieri intervenendo al convegno d’apertura delle celebrazioni indiane ha ricordato come «tutti noi abbiamo beneficiato dell’amore sconfinato di Dio e siamo chiamati a raggiungere gli altri nella stessa misura. San Camillo de Lellis direbbe semplicemente: “Mettete più cuore in quelle mani”». Riassumendo, «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», cioè il tema della Giornata.
da Avvenire