Diocesi
Fulvio Falleni: diacono da 35 anni
Era il 22 maggio 1988 quando Fulvio Falleni, insieme ad altri confratelli venne chiamato al diaconato dal vescovo Alberto Ablondi in Cattedrale in un giorno particolare, quello della festa della patrona Santa Giulia che quell’anno era anche il giorno di Pentecoste. Fulvio è un livornese doc perché è nato in Via Mentana, poco distante dalla Chiesa di San Benedetto, è sposato dal 1981 con Rossella, due figli, Matteo e Daniele che gli hanno dato tre nipoti maschi.
Gli chiediamo: Quale è stata la motivazione della tua scelta di diventare diacono? Fulvio mi corregge subito: non è stata una “scelta”, ma una “vocazione”. Ho sentito dentro di me la chiamata del Signore nell’esperienza che stavo facendo nella Parrocchia di San Benedetto, nel gruppo giovanile guidato da don Medori, dove seguivo i problemi dell’emarginazione e dei poveri e della Cooperativa San Benedetto, creata per il reinserimento dei tossicodipendenti. Ma il primo germe, da un punto di vista spirituale, me lo ha messo mia mamma, una credente, impegnata da sempre nell’Azione Cattolica femminile. Quando morì papa Paolo VI, mia mamma mi regalò un libro su di lui, su cui scrisse una dedica: “Ama sempre tanto tutti senza riserve”. Crebbe così in me il senso della vocazione che si concretizzò con una serie di coincidenze particolari. Nel 1978 venni eletto nel Consiglio Pastorale Diocesano, poi alle elezioni della Segreteria c’erano in lista due Falleni, io e Zita Falleni, molto più nota di me. Ci fu uno scambio di idee tra il Vescovo Ablondi e Mons. Tintori, che, a microfono aperto, esclamarono: finalmente c’è un giovane! Per questo motivo fui votato dall’Assemblea e eletto nella Segreteria insieme ad Anna Maria Casapieri e a Anna Maria Sammartano. Mons. Ablondi ci regalò un viaggio a Lourdes e nello scompartimento del treno mi incontrai con un giovane diacono: Renato Rossi, con lui iniziai i primi incontri verso il diaconato ed è così che si è sviluppata in me la vocazione. Nel 1988 avevo 32 anni e non 35 come era previsto dal Diritto Canonico per i diaconi sposati, venne richiesta la dispensa e così sono diventato il diacono sposato più giovane d’Italia!
La tua famiglia come ha vissuto questa vocazione? Rossella ha sempre condiviso la mia vocazione e mi è sempre vicina. Se non avessimo dietro di noi una moglie che ci sostiene e che ci dona il suo tempo per la gestione della casa e dei figli non potremmo fare questo servizio alla Chiesa. È tuttora fondamentale per me e tutta la mia famiglia, ha sempre condiviso il mio cammino anche quando ci sono stati dei trasferimenti. Prima alla Santa Seton in aiuto a don Gino Franchi, in seguito il vescovo Coletti mi rimandò qui a S. Benedetto, perché non c’era nessuno che potesse far vivere la parrocchia; venivano solo dei Padri Gesuiti per dire la Messa, poi finalmente è arrivato don Tomasz.
Quali sono attualmente i tuoi incarichi? Oltre ad essere collaboratore pastorale a San Benedetto, a livello diocesano sono Delegato Vescovile per il diaconato permanente insieme a don Fabio Menicagli. Faccio parte del Centro Missionario Diocesano e della Consulta della Pastorale per la Carità, da alcuni anni sono Presidente del Centro Mondialità Sviluppo Reciproco.
Hai qualche ricordo particolare di questi ultimi anni? Fra i confratelli ordinati con me c’era anche Gianluigi Merlo, prima che morisse, non aveva nessun parente, gli feci la nottata, mano nella mano, facevo in modo che non si togliesse il sondino, e così, mano nella mano, l’ho accompagnato verso il Regno di Dio, è stato un momento mesto, ma per me indimenticabile. Un momento felice fu invece quello in cui presentai il Vescovo di Livorno al Vescovo di Dodoma in Tanzania. Questo gemellaggio mi è rimasto impresso perché è stato il primo ad unire la Chiesa di Livorno con quella della Tanzania. Ancora oggi la Chiesa livornese con il Vescovo Giusti prosegue questo gemellaggio che continua ad operare proficuamente in unità di intenti.
Grazie Fulvio per il tempo che mi hai dedicato e grazie per il tuo impegno nella Chiesa livornese!