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Emergenza piccoli
È un gatto che si mangia la coda, un circolo vizioso: chiamatelo come volete. Fatto sta che in Italia non facciamo altro che lamentarci della crisi demografica, ma non siamo in grado di prenderci cura neanche dei bambini e delle bambine già nate, se pensiamo che nel nostro Paese più di 1,3 milioni di bambine, bambini e adolescenti vive in condizioni di povertà assoluta e uno su quattro è a rischio di povertà e di esclusione sociale.
I servizi educativi per la prima infanzia, fondamentali sia per favorire la crescita della natalità sia per supportare le famiglie più fragili che un figlio o una figlia ce l’hanno già, rimangono un bene di lusso, dove vivere al Nord o al Sud, in centro o in periferia, fa ancora la differenza. E non ci riferiamo solo ai posti disponibili negli asili nido — in Italia copriamo solo il 30% dei bambini 0-3 anni, parecchio distanti dall’obiettivo 45% fissato a Barcellona nel 2022, ma anche sotto l’obiettivo del 33% stabilito a Lisbona nel 2010 — ma anche alla mancanza del servizio mensa e del tempo pieno (e sappiamo quanto possono essere importanti per chi è povero sia economicamente che educativamente), soprattutto al Mezzogiorno, nella fascia 3-6 anni, dove pure l’obiettivo del 96%, almeno per i bambini e le bambine di 4 anni, è stato raggiunto da tempo.
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