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Emergenza Covid
Prudenza è la parola d’ordine nelle diocesi e nelle parrocchie della Penisola di fronte all’impennata di contagi con cui l’Italia fa i conti. La nuova ondata di casi irrompe anche nell’agenda ecclesiale e modifica la vita all’ombra del campanile. Senza però stravolgerla. Non siamo certo al blocco delle celebrazioni pubbliche che, anzi, restano esperienze “sicure” grazie alle misure anti-Covid che da maggio 2020, quando è stato firmato il protocollo fra Cei e governo, scandiscono le liturgie in tutte le chiese del Paese e che hanno unito l’Italia nel segno dell’attenzione alla salute.
La Conferenza episcopale italiana ha chiesto di tenere alta la guardia, ribadendo che non serve il super Green pass per andare a Messa e neppure per le processioni, ma raccomandando anche la mascherina Ffp2 e precisando che non possono partecipare agli appuntamenti di catechesi i ragazzi che a scuola sono sottoposti a “sorveglianza con testing” perché entrati in contatto con un positivo. Tuttavia ci sono vescovi e parroci che hanno scelto di ridurre le occasioni di possibile contagio nelle comunità. Decisioni prese con «senso di responsabilità», come si sottolinea da più parti e come ad esempio ha detto il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, una delle terre più colpite dal Covid due anni fa, che ha posto l’accento sul bisogno di «serietà» e «rispetto» indispensabili per «contenere il ritorno del contagio e le sue conseguenze più gravi». Un’opzione che in questi giorni viene presa in considerazione in più angoli della Penisola è l’interruzione del catechismo.