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E se in parrocchia arrivasse la “catechista avatar”?
Sempre meno fedeli, strutture magari grandiose ma sempre più povere, organizzazione sempre più faticose perché le dinamiche di appartenenza stanno venendo meno e la rete del volontariato che un tempo assicurava un impegno militante – spesso scambiando l’attivismo con la coerenza verso i principi evangelici – appare sempre più fragile. Ma per riequilibrare comunità che appaiono sempre più in crisi può venire in soccorso la risorsa digitale? Quanto la tecnologia può integrare, se non sostituire almeno in parte, il mondo fisico delle comunità?
Domanda affascinante – e forse un po’ inquietante – quella affrontata ieri sera a Seveso, nella sezione conclusiva della seconda giornata di riflessioni alla 73esima Settimana del Centro di orientamento pastorale. Inquietante perché la tavola rotonda – a cui hanno preso parte il “prete social” don Alberto Ravagnani; il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della diocesi di Milano, Stefano Femminis; il teologo don Luca Peyron; l’ideatrice di “Parole o Stili”, Rosy Russo e l’organizzatore di eventi, Luca Caci – è stata introdotta da un video preparato da alcuni allievi di un progetto di pastorale digitale. Alcune brevi lezioni di catechesi biblica messe a punto grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale e proposte da un’affascinante catechista che in realtà è un avatar. Più distopia che profezia, secondo la logica dell’onlife, quell’ambiente ibrido, in cui non c’è più differenza tra online e offline che fotografa bene il mondo dell’iperconnessione.
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