Donne e lavoro: tra statistiche e realtà

Una sfida per il governo guidato proprio da una donna

Una delle questioni culturalmente più rilevanti dei nostri tempi è quella di come valorizzare al piano le potenzialità del “mondo femminile” nei vari aspetti della vita a partire da quello professionale e lavorativo, oltre che in quello storicamente occupato delle donne, in particolare in paesi più “tradizionalisti” come il nostro, legati alla cura della famiglia nel suo complesso. Sebbene infatti il nostro paese si sia caratterizzato, fino a pochi decenni fa, e per certi aspetti tuttora, per un modello che oggi definiremo “patriarcale” non si deve dimenticare il ruolo fondamentale che le donne hanno, altresì, sempre avuto nella gestione delle cose di casa (figli ma anche, per esempio, la gestione dei parenti anziani, malati, etc.).

Negli ultimi anni si deve osservare, tuttavia, come vi sia stata una sempre maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e più generale all’interno del sistema delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Il nostro paese rimane, nonostante ciò, con tassi significativamente inferiori a quelli di tanti altri paesi europei nei quali la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è, in molti casi, sugli stessi livelli di quelli maschili. Permangono, inoltre, in Italia forti differenze territoriali tra il nord e il nostro mezzogiorno, tra le città più grandi e le realtà più periferiche, quelle che oggi chiamiamo “aree interne” e sicuramente vi sono disparità tra i settori produttivi. Tutti questi elementi determinano, quindi, un differenziale salariale tra uomini e donne nel nostro paese, nonostante, ad esempio, le ragazze siano più performanti dei loro coetanei maschi a livello di istruzione. Troppo spesso, infatti, le donne sono ancora occupate in settori a basso valore aggiunto, senza ruoli di responsabilità, seppur con sempre più significative e importanti eccezioni, ed, in generale, in settori produttivi che garantiscono sulla base dei contratti collettivi applicati retribuzioni più basse.

Una sfida, insomma, cruciale per il futuro del nostro paese. La speranza, e l’auspicio, che anche il governo, guidato per la prima volta nella storia repubblicana da una donna, metta in campo iniziative che possano facilitare un cambio culturale nel nostro paese, si pensi, per esempio all’investimento in tutti quei servizi che dovrebbero/potrebbero aiutare la conciliazione tra impegni familiari e di lavoro e creare, allo stesso tempo, nuovi posti di lavoro in gran parte probabilmente per donne. Colpisce, in questo quadro, come emerge anche da un recente studio pubblicato dalla commissione Europea, che non vi sia un’adeguata consapevolezza di questo tema in particolarmente tra gli uomini che lo percepiscono come tale solo poco più del 40% del campione intervistato. 

Stupisce poi che tra i meno consapevoli di questa tematica vi siano gli uomini under 30. Dato questo che sembra particolarmente significativo e che evidenzia, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, come questi temi non si affrontano, solo ed esclusivamente, con incentivi economici ma, principalmente, sul piano educativo e culturale, coinvolgendo, quindi, non solo, o non soltanto, le istituzioni politiche ma anche le famiglie, le scuole e tutti quei luoghi dove si fa socializzazione e si formano le nuove generazioni.