Diocesi
Don Milani profeta evangelico
Nella sala conferenze dell’Hotel Palazzo, a cura della diocesi di Livorno, si è tenuto il convegno: “Don Milani profeta evangelico”, di cui è stata illustrata la sua figura traendo spunto dal libro di Mario Lancisi: “Don Milani vita di un profeta disobbediente. A cento anni dalla nascita”.
Cristiano Meoni, giornalista e vice direttore de “Il Tirreno”, aprendo i lavori in qualità di moderatore, ha detto che Lancisi era “l’anima e la mente di questo incontro” descrivendo un don Milani che avrebbe detto “io sono cinquant’anni avanti” sui temi della pace, della libertà di coscienza, dello stesso ’68, e che sapeva sempre andare “al cuore delle cose”.
Mons. Paolo Razzauti, vicario episcopale per le problematiche della città, ha introdotto l’argomento ricordando questo “prete contestato” e facendo riferimento alle sue esperienze di tre anni passati nel seminario di Firenze, nel quale era anche presente Mons. Gualtiero Bassetti. Quel seminario dove aveva potuto vivere “momenti storici con persone che hanno lasciato una testimonianza nel tempo e nella Chiesa”, una Chiesa e una società che erano in grande fermento, animata da Mons. Bensi, da Padre Balducci e da un laico come Giorgio La Pira, che da lui ebbe una indicazione di vita: “sii sempre un prete umano”.
Il vescovo di Livorno, Mons. Simone Giusti, nel dare il saluto ai numerosi convegnisti, molti dei quali sono rimasti in piedi, ha iniziato dicendo: “La Chiesa oggi avrebbe bisogno di un don Milani!”. Bisognerebbe sempre riconoscere i profeti perché essi sono in grado di dare una svolta profonda alla Chiesa. L’impegno civile di don Milani è dimostrato nella “Lettera ad una professoressa”, un tema di una drammaticità attuale, insieme a quelli, da lui più volte richiamati, come quelli della pace e della guerra. “Don Milani sarebbe oggi sulle barricate!”, nell’attuale cammino sinodale della Chiesa, i temi della democrazia e del sistema educativo sono “in disagio”, perciò don Milani ci spinge a ripensare ad un “passo avanti sia della Chiesa che della società”.
Anche il Sindaco di Livorno, Luca Salvetti, ha voluto portare il suo saluto dicendo che don Milani si sarebbe trovato bene nella Livorno attuale “per affrontare le sue criticità con una sensibilità particolare”. Si sarebbe trovato in prima linea in una città che continua a mostrare le sue caratteristiche uniche: una città che sa confrontarsi con gli altri. Il legame che unisce don Milani con don Nesi e il suo Villaggio di Corea è evidente in quei vagoni, dismessi dalle Ferrovie, che erano diventati luoghi di studio e di svago dei suoi ragazzi. “Recuperare almeno uno di quei vagoni sarebbe recuperare un luogo della memoria” e mi adopererò perché questo avvenga,
Il moderatore ha poi passato la parola al relatore della serata, il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente emerito della Conferenza Episcopale Italiana. Io l’ho conosciuto don Milani -ha esordito- “e per me è un Santo, che rimane Santo anche con il suo caratteraccio, ed io queste parole non me le rimangio! Chi fa i Santi è lo Spirito Santo”. E’ difficile parlare di lui. Ammiro il volume di Mario Lancisi, sono stato attratto dalla sua opera perché ha saputo inquadrare don Milani nella Firenze di quel tempo. Don Milani è inafferrabile come una anguilla. Lo dico in senso positivo perché la sua figura è complessa. Come ha detto don Bensi è un ricercatore dell’assoluto, salvarsi è salvare il prossimo, l’assoluto lui l’ha trovato nel sacerdozio. Si è molto scritto su di lui e ricordo ancora oggi che era proibito ai seminaristi di parlare con don Milani. E’ stato definito: prete scomodo, ribelle, prete degli obiettori, santo, prete rosso. I suoi ragazzi di Barbiana sono portatori di una visione bella ma parziale, difficile da afferrare. Il suo è sempre “un pensiero in evoluzione” che disorientava anche i suoi sostenitori. Le sue “Esperienze personali” parlano di una solidarietà laica e poco della Chiesa, questi temi però li aggiornava tutti i giorni.
E’ stato un “prete fino in fondo nel servire Dio e la povera gente”, il suo motto può essere “fai strada ai poveri, senza farti strada”. Mancava ai poveri la cultura e la parola e lui volle dargliela, ma non fu mai un sociologo, mai un marxista, voleva far crescere i giovani affinché fossero più liberi. E’ stato spesso travisato e la sua disobbedienza è una virtù perché è il “riaffermare la propria coscienza”, era disubbidiente delle leggi ingiuste ma “ubbidientissimo in Cristo”. Le pagine più belle della Chiesa -ha terminato il Cardinale- sono scritte da anime inquiete come don Mazzolari, il cristiano è “un uomo di pace” ma “non in pace”.
E’ quindi intervenuto l’autore del libro, Mario Lancisi, giornalista e scrittore, che ha parlato della propria vita, figlio di un mezzadro, viene bocciato in IV ginnasio con la dicitura: respinto, quasi a dire, vai via, non ti vogliamo!. Certamente simbolo di una scuola che non è accogliente. Quando la sua professoressa chiede alla scolaresca: quanti libri avete? La risposta degli altri è 50 o 100, lui dice: 2. Le massime eterne, un libro di devozioni, e “le ricette dell’Artusi” della mamma! Ma i genitori lo capiscono e gli dicono: se ti impegni facciamo il sacrificio di mandarti avanti. Ed è così che dopo qualche anno gli viene tra le mani la “Lettera ad una professoressa”. E’ un libro che si presenta male, è brutto con quella sua copertina bianca che non attira. Ma -dice Lancisi- ho iniziato a leggerlo, così inizio a piangere e a ridere di gioia, mi sento di vivere quei sentimenti che mi sentivo dentro ma che non riuscivo a tirar fuori. E’ così che mi innamorai di don Milani. Perciò oggi dico ai giovani: non arrendetevi! Oggi il punto è quello di non guardare al passato ma cosa ci può dire ancora don Milani: perciò distinguere il metodo dal messaggio, far emergere i valori per affrontare i temi del momento. Attualizzare il suo pensiero nel senso di una critica del presente mantenendo il primato della coscienza.
Gli interventi finali hanno riguardato l’aspetto della scuola con la professoressa Elisa Amato e quello della politica con l’ex sindaco Alessandro Cosimi. Elisa Amato ha detto che l’esperienza di don Milani “mi ha cambiato come persona e ho pensato di trasmetterla a chi mi stava accanto per una scuola che si facesse carico di ognuno”. Dopo l’esperienza personale negativa nella sua Sicilia, viene a Livorno e incontra don Nesi nel Villaggio scolastico di Corea dove comprende ”che avevo tanto da imparare al di fuori delle certezze didattiche che pensavo di possedere”. Esiste un “legame ideale” tra don Milani e don Nesi per “una scuola aperta e inclusiva” dove abituare gli allievi alla riflessione e a terminato enunciando alcune frasi di Papa Francesco pronunciate a Barbiana.
Alessandro Cosimi ha evidenziato che don Milani oltre ad essere “un cattolico vero” è stato “un grandissimo intellettuale europeo”. La sua condizione di cattolico proveniente da una famiglia ebraica lo porta senz’altro a capire il filosofo Levinas nella sua concezione “dell’essere per l’altro”. Blandito e insieme criticato da tutti può essere capito da Benedetto XVI quando dice che “non è la struttura che salverà l’uomo”. C’è in don Milani la “valutazione della parola” e quindi del linguaggio come elemento di creazione.