Don Mario Rabbolini: un ricordo e una preghiera a un anno dalla morte

Ormai un anno fa, il 14 aprile 2021, ci ha lasciati don Mario Rabbolini, sacerdote della nostra Diocesi ma negli ultimi anni trasferito in Brianza, da dove proveniva. Se ne è andato in silenzio, quasi nell’indifferenza di molti, carico di sofferenza ma anche di profonda umanità.

Nella nostra Diocesi ha avuto diversi incarichi: è stato collaboratore nelle parrocchie di Santa Rosa, N. S. del Rosario, N. S. di Fatima, a San Simone e a San Matteo; per un periodo è stato parroco del Sacro Cuore e S. Nicola Vescovo di Capraia isola. Ha seguito l’apertura del Gruppo Agesci Livorno 9, di cui è stato Assistente per molti anni; ha svolto attività con Comunione e liberazione ed è stato insegnante di religione nelle scuole cittadine.

Don Mario non era persona facile: posso permettermi di dirlo per l’amicizia che mi legava a lui ed anche per le cose che abbiamo fatto insieme. Ha avuto una vita non semplice, piena di sofferenze e di fatiche: ne ho avvertito la fragilità personale, e il delicato equilibrio che cercava di mantenere nell’assolvere ai propri compiti. Ma, insieme, ho sempre apprezzato la sua testimonianza di fede, oltre ogni difficoltà. Aveva bisogno di sentirsi accolto e stimato: e quando ciò avveniva era capace di grande generosità ed umanità. Purtroppo questo avveniva di rado, proprio in ragione del suo carattere e delle difficoltà che incontrava nel relazionarsi agli altri.

Credo che proprio per questo il suo ricordo debba essere proposto: come ci ha insegnato San Paolo, “mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. […] quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Corinzi 12,9-10b). Noi siamo portati ad apprezzare, al contrario, la forza esibita e l’ostentazione di certezze granitiche: don Mario mi ha insegnato che nella vita occorre fare i conti con quello che si è, e che dobbiamo imparare ad apprezzare le diversità di cui ciascuno è portatore.

Don Mario ha studiato a fondo la persona di san Giuseppe, e ne ha anche tratto un libro: “Giuseppe, un padre per Dio”, edito da Marna nel 2013. Andava fiero di questo suo lavoro, e a giusta ragione. In san Giuseppe egli ha colto la dimensione dell’uomo forte ma silenzioso, che con la sua capacità di “aprire gli occhi e il cuore” ha consentito a Gesù di nascere all’interno della dinastia di David e di crescerlo, insieme a Maria, nella casa di Nazaret. Nel concludere la propria ricerca, così don Mario definisce Giuseppe: “un essere umano ‘normale’ per una santità di vita ordinaria, un uomo feriale, antieroe e antigenio, servo per amore”. Leggo in queste parole le ragioni della sua ammirazione per questo personaggio: forse anche don Mario, in almeno alcuni momenti della sua vita, si è sentito “feriale, antieroe e antigenio”: ma sempre ha cercato di essere “servo per amore”.

Per chi vorrà, ricorderemo don Mario nella preghiera mercoledì 27 aprile alle 18,30, con una celebrazione nell’Abbazia di san Giovanni Gualberto alla Valle Benedetta.