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Dialogo su un incontro avvenuto 800 anni fa che arriva fino ad oggi
«Le epoche trascorse sono collegate ai nostri giorni da una catena ininterrotta di avvenimenti, ognuno dei quali è una conseguenza dell’altro», Fa dire Čechov a uno dei suoi personaggi. È quello a cui abbiamo assistito questa sera nel Salone Intesa Sanpaolo B3 durante l’incontro di presentazione della mostra più importante di questa quarantesima edizione del meeting per l’amicizia tra i popoli.
San Francesco e il Sultano: l’eredità di un incontro che dura da 800 anni. A presentarla, introdotti da un esperto Andrea Avveduto, Maria Pia Alberzoni, professore ordinario di Storia Medievale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e Francesco Patton, custode di Terrasanta.
Il giornalista ha posto domande circostanziate sulla natura e l’origine della mostra alla professoressa Alberzoni : «Perché andò? Perché venne lasciato incolume? Perché dopo 800 anni siamo ancora qui a parlarne?». La docente con entusiasmo ha argomentato : «Quel fatto ancora oggi continua a stupirci. Si trattò di una iniziativa abbastanza insolita da parte di un frate che veniva dell’occidente. Allora ha stupito, e ancora oggi ci stupisce per i risultati profetici che arrivano fino a noi». Alberzoni ha analizzato la situazione storica in cui avvenne il viaggio, spiegando che Francesco si recò al seguito dei crociati, si recò dai suoi frati presenti in Egitto, già da due anni, e probabilmente con loro prese questa curiosa iniziativa. Malek el-Kamel era noto anche fuori dal mondo islamico per la sua umanità e la curiosità intellettuale, ciò può aver spinto Francesco a questo incontro, che unì due uomini di fede, che avevano ben chiaro cosa valeva nella loro vita: «Che cosa ha permesso in fondo questa stima che emerge dai pochi dati agiografici che abbiamo? La loro identità. Solo chi sa chi è, può dialogare con un altra persona. La diversità non ha creato una distanza. Nessuno dei due aveva intenzione di convertire, ma qualcosa tra loro era cambiato».
Da quest’incontro infatti verrà stilata la prima regola non bollata, scritta nel 1221, in cui si tratterà del modo di dialogare con i Saraceni, come ha spiegato Pitton: «La novità è che si tratta di un’esperienza che ha permesso a noi di essere presenti in Terrasanta proprio nell’ordine di quella regola scritta 800 anni fa. Da allora i frati minori si sono messi al servizio di tutti, per amore di Cristo, con testimonianze quali la cura degli ammalati, o l’educazione. Questo linguaggio ha avuto in qualche modo la sua valenza anche tra i musulmani, perché è comprensibile a tutti. Questo tipo di stile ci ha permesso di radicarci con un’identità chiara ma accettata da tutti, per esempio ci chiamano con l’appellativo di Abuda, padre. Ciò dice di una relazione di rispetto e affetto. Questo lungo i secoli ci ha allenati a prestare attenzione ai molti segni, che il Signore ci mette davanti. Il risultato di quella esperienza, se noi lo guardiamo con lungimiranza, è che ci ha permesso di essere lì ancora oggi».
Alberzoni ha ricostruito l’evento sulla base dei documenti del tempo: «Francesco ha avuto il permesso di andare dal cardinale, è stato di fronte al Sultano e certamente ha parlato di questioni che riguardavano la fede. Nella cronaca il Sultano chiede a Francesco di pregare Dio che gli riveli quale via prendere e comprende che Francesco ha rischiato la vita per la sua anima». La Alberzoni ha proseguito con un’ipotesi: «Una cosa molto interessante sarebbe capire cosa si sono detti, non ci sono tracce: sappiamo che Francesco per pregare amava usare delle espressioni di lode al Dio Altissimo. Mi immagino i frati che si mettono a cantare le Lodi di Dio di fronte al Sultano. Ritengo che l’incontro si sia basato su questo, perché certamente ciò non trovava una preclusione da parte del Sultano. Francesco è riuscito a trovare un medium ideale, ha proposto ciò che unisce».Questo risulta essere ancora più interessante, se pensiamo che, proprio in quegli anni, diversi teologi scrissero ai sultani enunciando principi di fede, senza ottenere alcun risultato. Francesco aveva compreso che quello che muove e che facilita l’incontro è proprio l’esperienza. Esperienza espressa mirabilmente dal custode di Terrasanta con il suo ultimo intervento: «Oggi questo è molto attuale. Quell’incontro rimane come una pietra miliare. Dio ci ha parlato attraverso la storia per dirci che l’incontro è possibile. Francesco abolisce la parola nemico. Ritengo che la posizione di San Francesco mostri la sua utilità sia per una ragione pratica sia per una di fede: l’alternativa all’incontro è lo scontro, l’alternativa alla pace è la guerra, l’alternativa al dialogo è la violenza. Poi c’è una ragione di fede, ma c’è di più: io credo fermamente in Cristo e credo fermamente che si presenti a me nel volto di chiunque incontri. Se una creatura esiste è perché è voluta da Dio. Non facciamo fatica a pensare che questo fu l’impeto ideale del santo di Assisi, che attraverso i suoi frati arriva fino a noi, oggi in un salone affollato della fiera di Rimini, scuote i cuori e riempie di speranza».
A cura di Antonluca Moschetti