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Deep web e dark room
Mettiamo uno schermo, dove tutto è permesso, dove tutto è a portata di un click e l’adolescenza, il momento in cui si sperimenta la costruzione della propria identità e del proprio io, ed infine il web, un nuovo terreno di formazione assolutamente privo della guida di qualsiasi adulto. Ecco gli ingredienti in un cocktail esplosivo dei rischi che un adolescente può incontrare online. Un click, digitare magari in modalità incognita e trovare risposte a domande che si prova imbarazzo a porre a persone adulte.
L’alta familiarità con la multimedialità, il suo linguaggio sempre in evoluzione, fatto di sigle, abbreviazioni, velocità e prestazioni e la naturale predisposizione verso le novità, non si può immaginare un mondo in cui ci sia un ritorno al passato e internet, i giochi interattivi siano proibiti agli adolescenti. Vi è tutta una letteratura di studi psico-pedagogici rivolta a questo, non è nostro compito arginare il tempo, ma è nostro dovere di educatori fornire gli strumenti più adatti affinché anche i giovanissimi possano orientarsi senza incombere in pericoli in questi luoghi di non spazio reale. Davanti ai più recenti fatti di cronaca le parole mancano, o se ne trovano fin troppe, per descrivere il gruppo di adolescenti fermato dal nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Siena coordinati dalla Procura dei Minori di Firenze. Emerge un quadro oscuro, una rete sparsa in tredici città italiane diverse, fatta di 19 minorenni e sei maggiorenni, che esplorano il mondo del deep web, delle dark room, e sevizie, ustioni, abusi sessuali su piccolissimi, smembramenti, omicidi, e ciò che di più aberrante la mente umana possa immaginare esce dalla fiction di una narrazione violenta per diventare realtà. Per descrivere ciò che è accaduto le parole si spezzano in gola, e sono tutte fatte di sconforto, rabbia, frustrazione per le ingiustizie che si sente siano state compiute a danno di innocenti, ma c’è una riflessione ulteriore che siamo chiamati a fare in quanto educatori, che sia sui banchi di scuola, nei saloni della parrocchia, nei campi da calcio, all’oratorio o ovunque si incontrino i giovani, dobbiamo chiederci se dietro a quei ragazzi in apparenza così normali fosse stato possibile percepire quel senso di vuoto, di disagio profondo, di malattia.
Domande a cui non spetta a noi dare senso, a cui saranno chiamati a rispondere sicuramente degli esperti, ma la verità è che se non spetta a noi tirare somme o conclusioni, è nostro compito riflettere sull’importanza del dialogo con i giovani, di aprire un canale costante di comunicazione reale, aperto e sincero, in cui si trasmettono valori e non solo nozioni, in cui si crei una rete affettiva stabile a cui potersi rivolgere, e soprattutto che questi episodi di cronaca servano da monito. Il nostro obiettivo deve essere quello di aprire porte reali, spazi vivi in cui i ragazzi possano ritrovarsi e confrontarsi, arginare la solitudine, risolvere dubbi, trovare sostegno e magari aiuto, prima di finire in stanze oscure e non uscirne più.
*insegnante di religione Cattolica