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Dall’Unità d’Italia all’Autonomia differenziata
Nel salone conferenze di Villa Fabbricotti a cura dell’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti), si è tenuto un incontro sul tema: “Da Garibaldi alla Meloni. Dall’Unità d’Italia all’Autonomia differenziata. Cosa cambia nel nostro ordinamento?”. Nell’aprire l’incontro il Presidente dell’ANPPIA Renzo Bacci, ha ricordato che il 17 marzo si compiva nel 1861 l’Unità d’Italia, anche se purtroppo Roma ne era ancora esclusa. Quell’Unità -ha aggiunto- viene oggi messa in forse dal progetto di Autonomia Regionale Differenziata per la quale i diritti di cittadinanza non sarebbero più uguali per tutti.
Il Prof. Alessandro Volpi, docente di Storia Contemporanea all’Università di Pisa, ha esordito trattando il problema da una prospettiva storica e affermando che l’Autonomia differenziata non era stata un tema dei nostri padri Costituenti. Infatti l’art. 5 della Costituzione non affronta il problema, si parla di decentramento amministrativo relativo ai servizi di gestione , ma non si parla di un “decentramento legislativo”. L’art.119 pone dei limiti nel contesto di un sistema nazionale unitario, non si prevede cioè “una potestà libera”, ma invece si vuole una uniformità nazionale. Anche il nostro sistema fiscale è sostanzialmente unitario ma con l’introduzione dell’Autonomia differenziata Regionale si determinerebbe una riforma dell’attuale sistema fiscale e non si dice come finanziare le nuove competenze delle Regioni. Si propone perciò una “disarticolazione dello Stato” che non si basa nemmeno su una cultura federalista, ma su una ventata secessionistica. Vengono stravolti gli articoli 5 e 117 della Costituzione per cui si aprirebbero una serie di ricorsi alla Corte Costituzionale.
Le Regioni della Lombardia, Veneto e Emilia Romagna “vogliono tutto”, perciò quello dell’Autonomia è un tema preoccupante anche perché non è chiaro come si possa finanziare tutto, si rischia un Paese senza trasferimenti di denaro nelle casse dello Stato e si verificheranno differenze profonde tra Regione e Regione, per cui questa proposta di Autonomia ci fa dire che “stiamo scherzando col fuoco”.
In collegamento via internet ha preso quindi la parola il Prof. Gianfranco Viesti, insegnate di Economia Applicata all’Università di Bari che ha affermato che l’Autonomia Differenziata è una questione “essenzialmente politica” che inizia con la fine della prima Repubblica con la pulsione separatista da parte della Lega e che procede poi con l’obiettivo secessionistico di Bossi. Avanza la teoria “dell’essere padroni in casa propria” e con l’introduzione del terzo comma dell’art.116 della Costituzione che consente di ottenere competenze specifiche correlate dalle rispettiva risorse consente che nel 2017 la Regione Veneto possa dire “ci governiamo da soli e ci teniamo i nostri soldi”. La Regione Veneto, ma non solo, prende a modello la Regione a statuto speciale del Trentino-Alto Adige, poi alla Lombardia e al Veneto si affianca la Regione Emilia Romagna. Ciò che vogliono è una sostanziale secessione per cui si verranno a creare delle “Regioni Stato” con poteri assoluti riguardanti le politiche pubbliche. Da notare che c’è in atto un “processo di inseguimento” da parte di altre Regioni come il Piemonte e la Liguria, tutto ciò ci fa capire che sono le Regioni economicamente più forti che chiedono l’Autonomia. Quindi il problema dell’Autonomia differenziata dovrebbe coinvolgere tutto il paese, invece non esiste una seria discussione politica in merito, “gli italiani rischiano di vedere cambiata l’Italia senza che se ne accorgano”, perché questa è “una legge non necessaria che taglia fuori il Parlamento e che conduce al disfacimento dello Stato Unitario”. E’ dunque una questione politica e non territoriale, per cui bisogna contestare questo processo, perché una volta approvata è impossibile ritornare indietro.
Il Segretario Generale della CGIL livornese, Fabrizio Zannotti, ha rilevato che l’Autonomia “è una realtà complicata” anche per i lavoratori perché ci troviamo di fronte ad una realtà che viene vissuta dai cittadini in modo superficiale. Con la scusa che “la politica ha un costo” sono state eliminate le Provincie e le circoscrizioni, così i contatti diretti con i cittadini sono diventati sempre più aleatori. Allora dobbiamo rimettere al centro “la buona politica” che consente soprattutto di parlare con i cittadini e renderli protagonisti delle scelte da fare. Sanità e scuola dovrebbero essere uguali per tutti dal Trentino alla Sicilia, l’Autonomia differenziata è proprio l’esatto contrario di ciò, bisogna invece ricostruire una “identità collettiva di solidarietà”.