Da vedere al cinema

Quella scena è un non ritorno. Le immagini ecografiche in sequenza sono implacabili: per la creatura di tredici settimane di vita che non nascerà e per lo spettatore in sala. «Accendi, Scotty» dice il medico all’infermiera incaricata di azionare l’aspiratore. Pochi secondi prima il feto aveva reagito rifuggendo dalla cannula della sonda intrusa che stava turbando la quiete del grembo materno. Si vede il non nascituro tentare, ritraendosi, una istintiva ascesa verso la parte superiore del sacco amniotico. Ma l’aspiratore entra in azione e in pochi secondi risucchia i piedini, le gambe, la spina dorsale, le braccia, le mani e la testa che, per ultima, scivola in quel gorgo annientatore. La scena lascia interdetti.

È Unplanned (nelle sale di tutta Italia il 28 e 29 settembre), film statunitense che traspone sul grande schermo una vicenda autentica, quella narrata nel 2010 dalla diretta protagonista, Abby Johnson, nel libro omonimo poi pubblicato in Italia da Rubbettino con il titolo Scartati – La mia vita contro l’aborto. È la parabola di una ex dipendente della Planned Parenthood, l’organizzazione di cliniche abortive più potente d’America.

Prima come giovane volontaria, poi come consulente psicologa, pian piano Abby fa carriera nell’organizzazione, convinta di lavorare per il bene delle donne, fino a diventare la direttrice di una delle più importanti cliniche abortiste in Texas e, nel 2008, viene persino nominata “dipendente dell’anno”. Poi un sabato mattina, il giorno di punta per la clinica, le viene chiesto eccezionalmente di entrare in sala operatoria per sostituire un membro del personale assente.

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