Diocesi
Da fratello a fratello
È stato proprio su queste pagine, a Settembre del 2017 (leggi il nostro articolo https://www.lasettimanalivorno.glauco.it/don-eustachio-a-collinaia-salvo-dallacqua-e-dal-fango/ e https://www.youtube.com/watch?v=Qz41GqdnrYo) che raccontammo la storia di don Eustache Ntambwe Makoyo, Eustachio per i livornesi, salvo per miracolo dopo essere rimasto bloccato nei locali della parrocchia di Collinaia durante la tragica notte dell’alluvione. E oggi torniamo a parlare di lui e del suo generoso gesto che lo ha visto donare uno dei suoi reni a don Jean Michel, da tempo malato.
Jean Michel Moukouba Bamana, originario della Repubblica democratica del Congo, ma in Italia da molti anni, in passato era stato amministratore parrocchiale ai SS. Pietro e Paolo e alla parrocchia Madre Teresa di Calcutta; nell’ultimo periodo ha vissuto in condizioni di salute precarie, le sue reni ammalate lo costringevano a sottoporsi alla dialisi ogni giorno e l’unica cura possibile era quella di un trapianto. Don Eustache, anche lui originario del Congo, ma della parte francese, già sensibile a queste tematiche, si è offerto più volte di donare uno dei suoi reni, ma non era semplice accettare un regalo così grande. “In questi anni di malattia ho toccato sulla mia pelle la fragilità della vita – racconta Jean Michel –non credevo possibile un gesto così generoso, ma l’insistenza di Eustache è stata grande: si è messo in contatto con i medici di Modena che mi avevano in cura e a Settembre ci siamo incontrati per iniziare il percorso. In fondo noi sacerdoti siamo una famiglia: è stato il regalo di un fratello”.
L’intervento è stato eseguito con chirurgia robotica ai primi di Marzo dall’equipe della Chirurgia Oncologica, Epato-Bilio-Pancreatica e dei Trapianti di Fegato, guidata dal professor Fabrizio Di Benedetto, in collaborazione con la Nefrologia e Dialisi dell’AOU di Modena, diretta dal professor Gianni Cappelli, col supporto anestesiologico del team guidato dal professor Massimo Girardis, Direttore SC Anestesia I, e di quello psicologico del Servizio psicologia ospedaliera diretto dalla dottoressa Paola Dondi.
Nel corso della valutazione clinica era stata riscontrata un’incompatibilità di gruppo sanguigno che rischiava di compromettere il percorso, ma grazie ad una nuova tecnica, praticata in pochissimi centri in Italia, che permette di “ripulire” il sangue del ricevente eliminando da esso gli anticorpi che altrimenti si attiverebbero contro il sangue del donatore, è stato comunque possibile effettuare l’operazione. I due sacerdoti rimasti sotto osservazione per alcune settimane, adesso stanno bene ed hanno ripreso la loro vita di sempre.
“A Giugno sarei dovuto rientrare in Africa – rivela don Eustache – ma l’intervento mi costringerà a restare in Italia ancora un anno per sottopormi ai controlli medici. Avrei potuto tirarmi indietro, ma non l’ho fatto perché sentivo che era giusto farlo: la vita di un uomo non ha prezzo”.
I dati rivelano che oltre 8000 persone in Italia sono in attesa di un rene, e che in particolare un paziente in lista per trapianto di rene ha una probabilità annuale di circa il 30% di ricevere effettivamente l’organo che aspetta, ma il caso dei due sacerdoti dimostra come sia possibile donare anche in condizioni di incompatibilità, senza rischi per il donatore.
“Quello che è accaduto – ha commentato il vescovo Giusti – è un gesto di straordinaria bellezza che ci offre un’occasione per riflettere: due sacerdoti si incontrano in Italia, a Livorno, diventando amici e da quell’amicizia scaturisce un dono grande, esempio di una vita vissuta secondo il Vangelo: non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici. Ed è significativa anche la nazionalità di questi due uomini – ha aggiunto – in un tempo in cui assistiamo ad una recrudescenza di episodi di razzismo e di emarginazione, l’esempio che ci viene dall’Africa è un segno forte di solidarietà e di fratellanza. Facciamo crescere la cultura del dono e quella della reciprocità!”