Cristiani credenti, fonte di speranza per il mondo

Proseguono gli incontri di preghiera per l’unità dei cristiani

Nella Chiesa di San Giovanni, si è tenuto il secondo incontro di preghiera per l’unità dei cristiani organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, alla presenza dei vari rappresentanti delle Chiese cristiane che sono a Livorno. Il delegato per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso il diacono Andrea Zargani, all’inizio della celebrazione ecumenica, ha voluto ricordare l’importante anniversario che quest’anno accompagna le liturgie, perché a 1700 anni di distanza dal Concilio di Nicea, dopo anni molto sofferti all’interno delle comunità cristiane nel confrontarsi sui temi di fede molto controversi, nonostante le difficoltà e disorientamenti è scaturita la possibilità di proclamare insieme la fede con le parole espresse nel Credo niceno. Le Chiese di confessioni e culture diverse dunque, come comunità di cristiani anche in questa celebrazione, hanno potuto celebrare la fede comune. Le letture scelte e i commenti avevano più o meno espliciti riferimenti ai contenuti del credo Niceno-costantinopolitano.

Il Pastore della Chiesa Battista Thomas Hagen, commentando il testo da Ezechiele (36,18-26) dove Dio si rivolge al popolo di Israele che è disperso e scacciato dalla sua terra a seguito degli errori e dei fallimenti, evidenzia come scaturiscano parole di speranza e salvezza. Dio infatti raccoglierà il popolo disperso e ripristinerà con loro una comunione intima e di riconciliazione che non nasce dal pentimento del popolo di Israele perché è lui che compie il primo passo, la sua azione è unilaterale. Dio perdona antecedentemente alla richiesta di perdono e allo stato di pentimento; sembra quasi un’ossessione narcisistica questa di Dio ma non è altro che è un grande amore per il proprio popolo. Dio non agisce per i meriti dell’uomo e anche se oggi un ateo vede nella sofferenza un impedimento al credere in Dio, non viene tenuto conto che sono gli uomini che rendono la vita un inferno e Dio rivelerà tutto il suo amore, facendo quello che ha fatto per Israele. Metterà il suo spirito nei cuori e tutti allora comprenderanno che Dio è salvezza. Quando l’umanità capirà quello che Dio ha fatto con Israele lo fa con tutti, sarà al momento della resurrezione. Noi credenti in Gesù Cristo che è risurrezione e vita dobbiamo agire e darci da fare come pellegrini di speranza, annunciando che Dio vuole che tutti siano salvati e l’incontro con Gesù genera questa certezza e speranza che ci libera da ogni schiavitù.

Il pastore valdese Daniele Buchard, commentando il Salmo 104 si è soffermato sui versetti che fanno riferimento alla creazione di Dio. Il credo di Nicea inizia proprio con le espressioni contenute nel salmo dove abbiamo un Dio che crea e l’uomo che fa parte della creazione. Chiarisce che l’opera della creazione non è avvenuta in un giorno o come viene descritta nella Genesi, bensì è una creazione continua. Il mondo sussiste perché il creatore agisce giorno per giorno. Purtroppo il nostro agire non tiene conto di questo soprattutto in questi ultimi secoli dove l’uomo si oppone all’azione puntuale di Dio cercando di distruggere tutto quello che crea. Nonostante questa nostra opposizione, il mondo finirà quando il creatore “ritirerà il suo spirito”. Il Credo ci ricorda questo aspetto di un Dio che crea e rinnova la sua creazione e noi cristiani dobbiamo esprimere la nostra fede nel Dio creatore.

Il vescovo monsignor Simone Giusti, commentando il testo di Giovanni (20, 24-29) che narra l’ incontro di Gesù con Tommaso apostolo il quale non credeva nella sua risurrezione, ha sottolineato come l’evangelista scrivendo questi fatti alla fine del I secolo quando ormai siamo in epoca di eresie, cerca di soffermarsi sull’aspetto della corporeità di Gesù risorto: è un corpo glorificato ma vero. L’incarnazione prosegue nella risurrezione. Anche noi risorgeremo e saremo nella Gerusalemme celeste come comunità risorta. Nel credo diciamo che Gesù risuscitò il terzo giorno e la nostra fede è proprio nella risurrezione di Cristo. Noi siamo redenti per grazia e il motivo per cui Giovanni insiste sull’aspetto corporeo e concreto del Cristo è dovuto al fatto che i nuovi credenti stanno vivendo la nuova beatitudine di “credere senza vedere”. In molti cristiani questa esperienza di beatitudine è sfociata in una gioia incontenibile, basta guardare a due grandi figure quali Sant’Agostino dove lui esprime il  suo essere in armonia con tutto l’universo e San Francesco che nel cantico delle creature esalta la dolcezza che pervade tutto e creato.

La settimana di preghiera vedrà la conclusione, giovedì 23 alle ore 17 presso la Chiesa Ortodossa Romena in via Verdi.

guarda le foto dell’incontro scattate da Antonluca Moschetti