News
Commissione vaticana Covid-19
Trading algoritmico, robot investitori in costante “ascolto” dei prezzi delle criptovalute capaci di agire incessantemente nella finanza internazionale, aggirando – tramite l’elaborazione dei big data – “l’irrazionalità dell’investitore umano”, ma potenzialmente anche le considerazioni di carattere etico che dovrebbero determinare l’allocazione dei capitali, soprattutto in favore dei Paesi più poveri. E questo in un quadro di crescente automazione della più generale attività umana, con implicazioni importanti sulla quantità (ovvero l’occupazione) del lavoro, ma anche sulla sua qualità.
Sistemi d’arma in grado di utilizzare la programmazione informatica e i sensori per identificare e selezionare gli obiettivi, avvicinandoci all’esistenza di macchine che prendono decisioni su chi uccidere, robot killer che potrebbero essere indifferenti alle valutazioni di carattere umanitario.
Attacchi informatici ad infrastrutture critiche come ospedali, hackeraggio dei dati sensibili contro richiesta di un riscatto che nel frattempo paralizza la rete elettrica e quindi la possibilità di assistere i malati.
Smart contract che regolano il traffico dei negozi giuridici, influendo anche sui procedimenti penali che, di nuovo, verrebbero sottratti agli umani ed alla loro “flessibilità” ed al loro “buon senso”, garantendo una rigida speditezza nella loro realizzazione ma appaltando alle macchine la nostra già imperfetta capacità di agire senza il condizionamento di visioni razziste o discriminatorie. E poi anche il rischio di una democrazia senza informazione, o meglio con un’informazione programmata o abusata di false notizie per ledere la dignità degli individui.
Non parliamo di un horror fantascientifico ma solo di alcune delle novità già operanti o comunque oggetto di un acceleratissimo sviluppo nel campo di alcune fra le maggiori tecnologie del nostro tempo, quali l’intelligenza artificiale, la cyber security e la blockchain.
La sociologia definisce l’insieme di questi ed altri processi con il nome di “quarta rivoluzione industriale”, con cui si intende la crescente compenetrazione tra mondo fisico, digitale e biologico. Questa seguirebbe evidentemente le altre tre; la prima che consentì con l’avvento del motore a vapore la meccanizzazione della produzione, promuovendo un cambiamento sociale spinto dall’urbanizzazione delle persone; la seconda, quella dell’elettricità e altri progressi scientifici che hanno portato alla produzione di massa; ed infine la terza che ha visto la nascita dei computer e della tecnologia digitale. Tuttavia, gli stessi sociologi ci spiegano che la quarta rivoluzione industriale poco avrebbe in comune con quelle che l’hanno preceduta per via della sua pervasività ed accelerazione che, un po’ come il Covid-19 in quanto “prima pandemia della globalizzazione”, attecchisce senza tregua ogni settore dell’economia e della società, così come ogni comunità e nazione del mondo.
Gli sviluppi più futuristici nel campo dell’intelligenza artificiale vanno persino nel senso di imprimere qualità sempre più umane al suo interno. Così, dopo aver migliorato le sue capacità in termini di assimilazione e associazione di dati, memoria, comprensione e adattamento, oggi per l’AI si punta su qualità quali selezione, logica, creatività, motivazione, intuito, empatia e perfino volontà e coscienza, fino a giungere a scenari in cui le macchine si ribelleranno agli stessi umani che le hanno inventate, perché li superano in tutto e, includendosi esse stesse nella vita, ne conquistano gli spazi ed il tempo. Non è questo forse un delirio di onnipotenza da sempre esistente nella natura umana? Non abbiamo ad esempio costantemente abbeverato la nostra fantasia ai miti antichi, alla letteratura e al cinema che ci narravano le vicende di una tecnica in grado di avere i vantaggi dell’umano (lavoro, progresso scientifico, relazioni sentimentali e così via) ma senza il rovescio della medagli della fatica, dell’errore o della delusione?
Non voglio essere frainteso come una persona spaventata dal cambiamento, al contrario sono per indole curioso ed affascinato da ciò che è nuovo o che non conosco. Piuttosto, si tratta di capire che i processi tecnologici della contemporaneità non sono neutrali, come insegna Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. Quello che c’è in gioco non è tanto il progresso di una singola tecnologia, giacché ciascuna di queste porta un certo grado di progresso che va riconosciuto e celebrato, ma ciò che oggi dobbiamo valutare è l’intero rapporto della dignità umana con una società che non è più tecnologica, ma tecnocratica.
Lo sviluppo delle tecnologie deve quindi essere accompagnato da quello della responsabilità umana, dei valori e delle coscienze. La Santa Sede valuta così i rischi e le opportunità legati al progresso, offrendo la sapienza della Chiesa esperta d’umanità, consapevoli che, appunto, non esistono “tecno-soluzioni” ai problemi sociali; piuttosto abbiamo bisogno di quell’amicizia sociale che sola si realizza col dialogo paziente e multilivello fra gli Stati, la società civile, le religioni, l’accademia, il settore privato ed ogni altro attore potenzialmente interessato alla realizzazione del dello sviluppo umano integrale e della pace nell’era digitale.
Alessio Pecorario
Guarda il videohttps://youtu.be/bEUphsyY9xk