Diocesi
Ciao Blacky!
Erano gli inizi degli anni novanta. Già da qualche domenica dei giovani venivano in Piazza del Castello, accanto alla chiesa, per chiedere, con molta educazione, un po’ di soldi per mangiare.Eravamo in pieno fermento per la formazione della caritas parrocchiale. Fu naturale, una domenica, fermarmi ed iniziare a parlare con loro e fare domande.Tra loro ce n’era uno che si distingueva per la sua statura e per la sua serenità, unita alla voglia di dialogo; il suo nome era Peter, era nato a Vienna, aveva fatto una scelta di vita. Peter, ma chiamato già da tanti anni “Blacky”. Accanto a loro i propri cani, animali inseparabili per queste persone, ed anche Blacky aveva il suo, tutto nero (cavallo il suo nome).“Abitavano” nella diroccata Villa Menicanti sul Viale di Antignano; allora era un rudere dove loro avevano trovato spazi per ripararsi.Con la Caritas iniziammo a portare loro coperte e generi alimentari, fino a che uno di loro, per il freddo, morì.Era il giorno dell’Epifania (non ricordo l’anno preciso)! Una luce entrò nella mia mente: non posso come prete, non possiamo come comunità parrocchiale lasciare questi giovani da soli e senza sicurezze. Iniziai a “muovermi” alla mia maniera. Assessore, Sindaco, Presidente della Circoscrizione….smossi tutti.Alla fine la società Cagliata e Spagnoli si fece avanti e mise a loro disposizione un terreno in Via Sarti; non solo ma offrì anche un generatore di corrente. La Parrocchia intervenne per comprare una Roulotte.Erano gli anni nei quali si pensava a costruire il nuovo centro pastorale, ed io desideravo che non fosse costruita una chiesa e delle sale di incontro, ma che fossero presenti anche alcuni segni di attenzione ai più poveri. Che fare?Grazie a Vincenzo Cariello e Maurizio Pisà, con il sostegno dell’indimenticabile Amerigo Poggiolini, organizzammo la mensa Caritas che, dal Novembre 1998, non ha cessato un giorno di dare un pasto a centinaia di persone.Ma quei ragazzi, dovevano restare in quella roulotte?No, dovevo fare qualcosa anche per loro….ed allora chiesi all’Amministrazione comunale di poter usufruire di un pezzo di terreno (dato in uso alla Parrocchia) per mettere alcune roulotte per questi giovani. Grazie al Sindaco Lamberti, gli Assessori Bedarida, Nebbiai, Del Nista, riuscimmo a sistemare la situazione.Ma potevano stare a fare che cosa? Nuova idea: in cambio dovevano gestire la mensa, la raccolta indumenti per i più disagiati, la pulizia del giardino.Insomma da “assistiti” stavano diventando “assistenti”.Da quel momento è iniziata una bellissima avventura. Alcuni di loro sono andati in altri luoghi, alcuni , purtroppo, sono morti. In questi ultimi anni erano rimasti Blacky e Rafael.Blacky sempre disponibile, sempre pronto; con le sue fragilità e con le sue ricchezze; uno che in Parrocchia si “sentiva a casa”.Molti, negli anni, hanno dubitato di lui, agli inizi hanno avuto qualche timore, ma tutti gli hanno voluto bene.Uno dei complimenti più belli ricevuti nella mia vita l’ho ricevuto da lui: due anni fa festeggiammo il suo 60° compleanno… ad un certo momento fece fare silenzio a tutti i presenti, prese il microfono e disse “non avrei mai creduto di vivere tanto, ma se accade è grazie a quest’uomo qua” ed indicò me. Ma con me c’era una comunità che lo aveva accolto e sentito parte integrante.Questa mattina Blacky è morto, a causa di un aneurisma intestinale.E’ terminato un pezzo di storia, che spero Rafael continui a portare avanti; è terminata una “profezia”, se n’è andato un pezzo importante della mia vita.Grazie Blacky per ciò che mi hai donato in questi anni, grazie per le tue battute e per le diverse “avventure” vissute insieme.E permettimi di salutarti con il nomigliolo con cui mi chiamavi, si Blacky….”Ciao Capo”, ora il Capo sei tu; noi ti ricorderemo con affetto e nostalgia nella speranza che il seme profetico che abbiamo messo nel terreno tanti anni fa non muoia , ma possa essere continuato da Rafael e da altri.Ciao “Capo” hai dimostrato che anche le persone, messe ai margini dalla società, possono e riescono a donare tanto.Grazie per essere stato un “pezzo” importante della mia vita di uomo e di prete.