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Chiesta la revisione della legge
«La circolare del ministro della Salute alla vigilia di Ferragosto ha tutto il sapore del blitz di chi vuol far passare inosservata una vera e propria azione di manomissione della legge 194». È risoluta la critica della senatrice Paola Binetti(Udc) nei confronti della modifica delle linee guida sull’aborto farmacologico decise dal ministro Speranza, annunciate con un post sui social network e pubblicate il 14 agosto. La possibilità di assunzione dei farmaci abortivi in day hospital (e persino in ambulatorio o in consultorio) rappresenta una forzatura della legge sull’aborto, che – nel caso – andrebbe modificata dal Parlamento e non da un atto amministrativo. La legge infatti prevede che l’aborto debba avvenire in strutture ospedaliere, non certo nei consultori.
«Da anni – continua Binetti – sono depositati disegni di legge per la piena attuazione di una cultura della prevenzione e di sostegno alle donne che pensano di non avere alternative all’aborto: non sono mai stati calendarizzati o discussi. Oggi invece si mistifica radicalmente la finalità dei consultori: anziché farne punti attivi di prevenzione a servizio della donna e della vita, si vogliono trasformare in veri e propri luoghi e strumenti di morte». per chiedere al ministro Roberto Speranza «se non ritiene urgente e necessario modificare la legge 194 attraverso il Parlamento, dal momento che linee di indirizzo, circolari, pareri scientifici non possono modificare il testo di legge a cui si riferiscono». (Css) che portarono alla richiesta del ricovero ordinario» e la delibera dell’Agenzia italiana del farmaco nella quale si fa riferimento al «sensibile incremento del tasso di complicazioni in relazione alla durata della gestazione», e fa notare che nel suo parere di pochi giorni fa «il Css, nonostante citi tutte le argomentazioni che nei precedenti pareri avevano confermato le indicazioni della legge 194 sul fatto che l’aborto, incluso quello farmacologico, avvenisse in regime di ricovero ospedaliero, non dice assolutamente nulla sulle motivazioni per cui i tre pareri precedenti si ritengono superati».
Insomma, spiega ancora Binetti, «l’unica argomentazione riportata sembra essere “così fan tutti” nei vari Paesi europei», anche se «in Italia la legge 194, tuttora in vigore, comporta obblighi sanitari precisi». Come hanno spiegato ieri su queste pagine Eugenia Roccella e Assutina Morresi, i princìpi attivi dei farmaci in questione sono sempre gli stessi, non ci sono nuove evidenze scientifiche e – spiega Binetti – «la stessa attività clinica confermerebbe le ragioni di prudenza addotte in precedenza».
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