News
C’era una volta in Bhutan
Bhutan, 2006. Dopo la televisione e Internet, un altro importante cambiamento attende gli abitanti del piccolo regno dell’Himalaya orientale: le elezioni. Perché il popolo arrivi preparato all’appuntamento con la modernità alcuni funzionari del governo girano il Paese per insegnare come si vota, ma soprattutto per convincere i cittadini a farlo. Questa idea, infatti, non li vede particolarmente entusiasti. In uno di questi villaggi un anziano Lama chiede a un giovane monaco di procuragli delle armi…
Valutazione Pastorale
Premio Speciale della Giuria alla 18ª Festa del Cinema di Roma (2023), “C’era una volta in Bhutan” (The Monk and the Gun”), è la seconda opera di Pawo Choyning Dorji dopo “Lunana: il villaggio alla fine del mondo”, candidato all’Oscar 2022 come Miglior film internazionale. Il regista ci porta nuovamente in Bhutan per raccontare un avvenimento, con il suo stile ironico, brillante e poetico, che ha segnato un grande cambiamento nel suo Paese: il passaggio alla monarchia costituzionale, avvenuto con le elezioni per le due Camere nel 2007 e nel 2008. La storia. Bhutan, 2006. Dopo la televisione e Internet, un altro importante cambiamento attende gli abitanti del piccolo regno dell’Himalaya orientale: le elezioni. Perché il popolo arrivi preparato all’appuntamento alcuni funzionari girano il Paese per insegnare come si vota, ma soprattutto per convincere i cittadini a farlo; questa idea, infatti, non li vede particolarmente entusiasti. Nel villaggio di Ura – mentre la funzionaria inviata dal governo si dà da fare per allestire i “seggi” e inventarsi tre possibili partiti (caratterizzandoli con tre colori diversi e altrettanti improbabili slogan) – un anziano Lama chiede a un giovane monaco di procuragli delle armi entro la prossima luna piena, che è poi lo stesso giorno delle elezioni di prova. Il giovane è perplesso, ma non mette in discussione la volontà del maestro. L’unica arma che conosce, però, è quella che vede nel film disponibile nell’unica televisione del villaggio: “Quantum of Solace”, 22° della serie 007.
Nella ricerca il monaco incrocia il suo cammino con quello di un americano, un collezionista d’armi antiche, che è giunto in Bhutan con l’intenzione di offrire una grossa somma di denaro in cambio di un prezioso fucile del XIX secolo, che è poi quello che il giovane monaco riceve in dono da un abitante del villaggio e che si accinge a riportare al suo maestro. Interpretato per la maggior parte dai reali abitanti del villaggio di Ura – come fu a suo tempo per “Lunana: un villaggio ai confini del mondo” – “C’era una volta in Bhutan” è un film corale, che si sviluppa su due linee narrative contemporanee, che procedono parallele: da una parte i preparativi per il voto, con scene di esilarante poesia, e dall’altra le avventure del giovane monaco, il suo girare per i villaggi con il fucile in spalla, la sua disarmante innocenza e il rispetto e la considerazione che tutti gli riservano. L’effetto sorpresa è garantito, soprattutto nel finale. Si sorride, molto, ma si riflette anche tanto, in questo viaggio che ha il sapore di una favola (come la traduzione italiana del titolo internazionale sembra voler sottolineare) Pawo Choyning Dorji ci racconta di un Paese bellissimo, il suo, delle montagne, dell’aria pulita e del cielo terso, di un popolo che vive al ritmo della natura e che ha un senso fortissimo della comunità.
Un popolo che non vuole perdere le proprie millenarie tradizioni, ma prova anche ad aprirsi alla modernità, al futuro. “Con entrambi i film [“Lunana”] – sottolinea infatti il regista – ho cercato di toccare il valore e l’unicità della cultura e delle tradizioni bhutanesi. Il Bhutan è alla ricerca incessante di modernità, istruzione e occidentalizzazione. Molte volte, in questa ricerca, rinunciamo alla nostra cultura e alle nostre tradizioni che ci rendono così unici. […] L’innocenza è un valore e un tema così importante dell’essere bhutanesi e purtroppo in questo cambiamento verso un paese più moderno e più istruito, si sta perdendo, perché sembra che la mente moderna non riesca a distinguere tra ‘innocenza’ e ‘ignoranza’”. “C’era una volta in Bhutan” è consigliabile, poetico, per dibattiti.