Campioni

Alla base c’è la commedia spagnola “Campeones” (2018) di Javier Fesser – uscita in Italia con il titolo “Non ci resta che vincere” –, Premio Goya miglior film e per l’attore Jesús Vidal. Parliamo di “Campioni”, film hollywoodiano targato Focus Features – Universal e diretto da Bobby Farrelly, autore insieme al fratello Peter di commedie sopra le righe, da risate a briglia sciolta, come “Scemo & più scemo” (1994) e “Tutti pazzi per Mary” (1998). Da solista, Bobby Farrelly ha riadattato l’opera spagnola insieme allo sceneggiatore Mark Rizzo, coinvolgendo come protagonista il sempre bravo Woody Harrelson. Un racconto che mette a tema sport e disabilità, attraverso il filtro della commedia sociale di taglio brillante che punta a erodere pregiudizi e luoghi comuni sulle persone con sindrome di Down. La storia. Iowa oggi, Marcus (Woody Harrelson) è un allenatore di basket di una lega minore, in cerca di una porta d’accesso al campionato Nba. Il suo temperamento e le sue esplosioni di rabbia però non lo aiutano. Perde il lavoro e ubriaco al volante si scontra con una pattuglia della polizia: viene condannato così a scontare 90 giorni di lavori socialmente utili allenando una squadra di giovani con disabilità intellettive, i Friends. Controvoglia Marcus si presenta nella nuova palestra, pensando a come uscire da quel vicolo cieco, ma l’incontro con i Friends lo farà ricredere avviando in lui un lento e irreversibile cammino di cambiamento, di riscatto… Vero, è l’ennesimo remake a stelle e strisce, che potrebbe apparire sulle prime insipido, una minestra riscaldata.

Invece, se si è disposti a lasciarsi contagiare dal ritmo frizzante del racconto, si scoprono sfumature e suggestioni acute e rilevanti. “Campioni”, infatti, si muove sul tracciato-connubio tra sport e persone con disabilità in una prospettiva educativa (simile è “Crazy for football” del 2021 di Volfango De Biasi), con l’obiettivo di uno storytelling originale sulla disabilità. La commedia, infatti, tra battute scoppiettanti e scene coinvolgenti, sottolinea come i ragazzi con sindrome di Down abbiano diritto ad avere un lavoro, un’indipendenza economica e abitativa, compresa la possibilità di vivere relazioni sentimentali ed esprimere la propria sessualità. Insomma, persone che rivendicano il diritto a una vita piena, senza sconti o limitazioni.

“Campioni” riesce a scardinare rigidità e stereotipi? È sulla strada giusta, facendo perno sulla commedia acuta e anche un po’ irriverente. E poco importa se a volte il racconto sembra un po’ accompagnato, in cerca di una risata facile, oppure se la regia sembra accontentarsi qua e là di soluzioni semplici o prevedibili, perché il corpus del film dimostra di certo densità e valore, a partire dallo sguardo sui protagonisti: un team di giocatori di basket con sindrome di Down che entusiasma e trascina lo spettatore in una giostra di risate ed emozioni radiose, mai prive di riverberi di senso. Un ritratto della nostra società che si gioca tra realismo e sogno d’inclusione possibile oltre gli steccati del pregiudizio. Insieme all’efficace capofila Woody Harrelson bene anche i comprimari Kaitlin Olson, Ernie Hudson e Cheech Marin. Ma le vere star di “Campioni” sono i giovani che danno volto ai Friends: Madison Tevlin (Cosentino), Joshua Felder (Darius), Kevin Iannucci (Johnny), Ashton Gunning (Cody), Matthew Von Der Ahe (Craig), Tom Sinclair (Blair), James Day Keith (Benny), Alex Hintz (Arthur), Casey Metcalfe (Marlon) e Bradley Edens (Showtime).

Come loro, anche i doppiatori italiani, i giovani con sindrome di Down, grazie alla collaborazione tra Studio 3Cycle e l’Accademia “L’Arte nel cuore”. Magnifici tutti!