Avvento: il senso di un’attesa/3

Che cos’è l’attesa per il credente – cristiano? Nello scorgere e decifrare i segni di Dio nelle realtà di quaggiù, egli si apre nello stesso tempo alla dimensione ultra-mondana e divina. È proprio questa capacità di guardare “oltre” a far sì che il nostro cuore non si senta mai appagato da alcun paradiso terreno, o presunto tale, e continui a protendersi in avanti, verso il futuro di Dio. Su questa trama procede, cresce e si sviluppa anche il nostro cammino di fede, in un susseguirsi di attese e di compimenti nei quali trova consistenza la nostra quotidiana ricerca di Dio. È infatti in entrambi questi ambiti – quello della nostra vita che si dipana nel tempo e nello spazio, e quello della nostra fede che l’accompagna – che siamo chiamati a vivere ogni giorno un’attesa dinamica e operosa che, in qualche modo, ci fa già pregustare il compimento verso il quale essa ci proietta.

Così, l’Avvento, che ci fa protendere lo sguardo oltre il tempo, nell’attesa della venuta finale del Cristo, è lo stesso Avvento che ci invita ad attendere e ad accogliere, con gli occhi del cuore e della mente ben spalancati, il Cristo che continua a incarnarsi nelle nostre storie personali, familiari e comunitarie. Al di là di tutte le preoccupazioni e i problemi che ci assillano nell’attuale contesto segnato da mutazioni profonde e per certi versi drammatiche, l’Avvento ci sprona a rinsaldare la nostra speranza, a non farcela rubare – come direbbe papa Francesco – e ad accogliere con fede il “domani” che Dio vuole realizzare con noi, portando a compimento le attese più vere e profonde e rendendo sempre più vigile e forte l’attenzione reciproca e la solidarietà fraterna. Come credenti, non esitiamo a spalancare i nostri cuori, le nostre menti e le nostre azioni al soffio irruente e dolce della Vita di Dio, e gridiamogli con tutte le nostre forze: “Marana-tha! Vieni, Signore Gesù!”.