Avvento: il senso di un’attesa/2

Qualunque sia il tenore dell’attesa, essa raggiunge sempre un segmento della nostra vita. Proprio per questo, il credente crede fermamente che in ciascuna di esse – indipendentemente dalla loro natura – Dio sia al nostro fianco. In fondo risiede qui il senso profondo dell’Avvento, il motivo per cui continuiamo a celebrare l’attesa del Salvatore, Cristo Gesù, nel fatto cioè che Egli – il Signore del tempo e della storia – continua a riempire di Sé anche la nostra piccola o grande quotidianità.Se così non fosse – se cioè non sentissimo la presenza salvifica di Dio accanto a noi in tutto quello che avviene – ogni attesa risulterebbe un segmento vuoto e insulso. Così, ad esempio, la pensa il drammaturgo Samuel Beckett, cantore del nulla e dell’assurdo della vita, il quale, nella sua opera teatrale Aspettando Godot, allude all’inutile attesa di un Dio Salvatore – “God-ot” appunto – nella trama della propria esistenza. Di fatto, i due protagonisti Vladimiro ed Estragone attendono la venuta del signor Godot in un quadro beffardamente tragico e assurdo, dove il tempo, immobile e pietrificato, è ermeticamente chiuso ad una qualsiasi salvezza proveniente dall’esterno. Così, ogni qualvolta essi si dicono l’un l’altro: “Andiamo?”, rispondendo: “Sì, andiamo”, in realtà non muovono un passo e rimangono inchiodati al suolo in un’attesa senza tempo e senza senso.L’attesa del cristiano, al contrario, è sostenuta dalla fiduciosa certezza che il Signore viene sempre ed è continuamente all’opera nella nostra vita fino a che “si compia la beata speranza“, fino a che, cioè, Egli ritorni nell’ultimo giorno. Come credenti, non esitiamo a spalancare i nostri cuori, le nostre menti e le nostre azioni al soffio irruente e dolce della Vita di Dio, e gridiamogli con tutte le nostre forze: “Marana-tha! Vieni, Signore Gesù!”.