Asteroid City

Usa anni ’50, nella piccola cittadina di Asteroid City in mezzo al deserto finiscono in quarantena un gruppo di villeggianti e dei militari. Lì è stato appena avvistato un alieno, un Ufo, e il governo si deve pronunciare. A narrare i fatti è un noto scrittore…

Valutazione Pastorale

Passato in Concorso al 76° Festival di Cannes, “Asteroid City” di Wes Anderson sarà uno dei titoli di punta di settembre 2023. Noi lo abbiamo visto in un’anteprima stampa con Universal. Il geniale regista texano classe 1969 ci ha abituato a opere visivamente folgoranti, dei fuochi d’artificio di poesia e colori sgargianti abbinati a raccordi di ironia sottile. Tra i titoli: “I Tenenbaum” (2001), “Moonrise Kingdom” (2012), “Grand Budapest Hotel” (2014) e “The French Dispatch” (2021). Con “Asteroid City” Wes Anderson ci accompagna negli Stati Uniti degli anni ’50, tra sogno americano, imprese militari e caccia agli alieni. Un testo stratificato, che ricomprende anche sguardi sul divismo. La storia. Usa anni ’50, nella piccola cittadina di Asteroid City in mezzo al deserto finiscono in quarantena un gruppo di villeggianti e dei militari. Lì è stato appena avvistato un alieno, un Ufo, e il governo si deve pronunciare. A narrare i fatti è un noto scrittore… Punto di forza del genio di Wes Anderson è il racconto della realtà, della società americana (ma non solo), ricorrendo al sogno, alla favola eclettica e raffinata, persino all’animazione. La sua messa in scena è puntualmente magnifica, elegante e seducente. I suoi film rimangono impressi nella mente soprattutto per la composizione visiva, per un cromatismo sofisticato, unico, che domina persino sul racconto. A esaltare il tutto le musiche di Alexandre Desplat, compositore che lo segue stabilmente ormai da anni (da “Fantastic Mr. Fox”, 2009).

Questo è valido anche per “Asteroid City”, film giocato in tre atti ed epilogo che corre su un binario composto da turchese, giallo e arancione, non tralasciando il sofisticato bianco e nero che rimanda al mondo del palcoscenico, all’artificio creativo. Se l’elemento visivo è pressoché inappuntabile, a disorientare un po’ è la linea del racconto, che si agita in maniera ondivaga perdendo gradualmente compattezza e sostanza. Il racconto della società americana, colta tra ambizioni di conquista dello spazio e paura-mito degli alieni, non sembra trovare adeguata forza, mordente. Qua e là intuizioni acute, brillanti, che però non salvano il corpus narrativo, non riescono da sole a bilanciare una bellezza visiva diffusa, dalla prima all’ultima inquadratura. Ancora, Wes Anderson mostra le sue doti come regista fuoriclasse anche per come costruisce e cesella i personaggi, che affida sistematicamente ad attori-amici come Tilda Swinton, Edward Norton, Jason Schwartzman e Adrien Brody come pure a nuovi incontri artistici: Tom Hanks, Steve Carell, Margot Robbie e Maya Hawke. Attori che imprimono slancio a un racconto fantasmagorico, al punto da supplire all’andatura claudicante del copione.

Nell’insieme, “Asteroid City” è un viaggio ammaliante nel sogno a stelle e strisce con sguardi tra scena e retroscena, che si lascia apprezzare più per la forma che per il suo contenuto, al punto da domandarsi (come per il precedente “The French Dispatch”) se non sia solo un mero esercizio di stile, lo splendido divertissement di un talento visionario. Consigliabile-complesso, problematico, per dibattiti.