Ampliati i motivi della discriminazione

Bastano sette emendamenti per ridisegnare una legge divisiva come il ddl Zan contro l’omofobia e renderla un po’ più digeribile? Secondo i promotori, a cominciare dal deputato Pd che l’ha promossa, naturalmente sì. Di segno opposto Lega e Fratelli d’Italia che ieri, dopo aver presentato oltre 700 emendamenti contrari, hanno invano cercato di bloccare la ripresa della discussione in Aula alla Camera presentando pregiudiziali di costituzionalità (bocciate con 254 voti contrari e 201 a favore).

Durante il dibattito il costituzionalista del Pd, Stefano Ceccanti, ha spiegato che mentre le opposizioni continuano a considerare la legge non necessaria e comunque liberticida in quanto imposizione di un pensiero unico, la maggioranza ritiene che «sia necessaria perché c’è un effettivo allarme – ha sostenuto il deputato Pd – in termini di discriminazioni e di atti violenti, legittimati anche dai nuovi social media, rispetto a caratteristiche qualificanti della persona».

A parere di Ceccanti sono in gioco due aspetti irrinunciabili: la pari dignità di tutte le persone da un lato e la libertà di manifestazione del pensiero dall’altro. «E così posta la legge, se ben costruita, non è affatto liberticida, non impone un pensiero unico». Ma questo è il punto. È ben costruita questa legge? Al di là del dibattito sull’opportunità di introdurre modifiche del codice penale, è stato fatto tutto quanto necessario per ridurne al minimo i rischi libertidici?

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