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Alcune precisazioni sulla proposta di legge regionale sugli oratori
Nei giorni scorsi la stampa ha riportato la notizia che la regione Toscana, su indicazione del governatore Giani, ha proposto una legge per il finanziamento pubblico agli oratori (“Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa degli oratori e delle attività oratoriali”). La Toscana è una delle ultime regioni a legiferare in materia (le prime regioni lo hanno fatto nel 2001!) ed il dibattito a proposito di questa legge, che in realtà precisa le modalità di una legge nazionale già esistente da tempo, ha visto l’obiezione sul fatto che non si possano finanziare pubblicamente enti del terzo settore. Ma gli oratori, è bene precisarlo, a scanso di equivoci, non fanno parte di per sé del Terzo Settore (che è regolato oggi da una normativa specifica sia a livello nazionale con il c.d. “codice del Terzo Settore”, ossia il d.lgs. 117/2017 che a livello regionale con la l. r. n. 65 del 2020), né tantomeno “sono rappresentati da una loro associazione di carattere nazionale”, così come è stato dichiarato da qualcuno – erroneamente – in questi giorni. Gli operatori che li animano, infatti, spesso sono semplicemente volontari delle singole parrocchie e non necessariamente appartengono a realtà associative. Gli stessi oratori, nella maggior parte dei casi, non hanno alcuna soggettività giuridica ma costituiscono, altrettanto semplicemente, un’estensione delle parrocchie che ospitano attività di animazione ed educazione informale dei giovani. Il riconoscimento della “funzione sociale” degli oratori e delle attività oratoriali non equivale a porli nell’alveo del Terzo Settore, ma ne sottolinea il valore educativo, di socializzazione, di promozione umana specialmente fra i più giovani.
Avvalendoci della collaborazione di alcuni esperti in materia, apprendiamo inoltre che la stessa proposta di legge regionale in materia di oratori, non a caso, nel preambolo, non viene inscritta nel solco della normativa del terzo settore – e, difatti, non avrebbe senso alcuno – bensì, a livello nazionale si colloca nella scia della legge 1 agosto 2003 n. 206 (“Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività̀ similari e per la valorizzazione del loro ruolo”), che appunto “riconosce e incentiva” la funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli istituti religiosi mediante l’oratorio, contemplando che le regioni possano “riconoscere, nell’ambito delle proprie competenze, il ruolo” delle medesime attività.
A livello regionale, la proposta di legge fa poi esplicito riferimento alla legge n. 81 del 2020 che ha ad oggetto la “Promozione delle politiche giovanili regionali” e che promuove l’integrazione di tutti i servizi educativi, compresi quelli di “educazione non formale e informale”, ove si collocano tendenzialmente le attività degli oratori stessi. La proposta di legge rappresenta dunque uno strumento importante per valorizzare ulteriori opportunità in termini di esperienze educative alle giovani e ai giovani della regione, indipendentemente dall’appartenenza ad un’associazione o ad un’organizzazione ed integrando l’offerta formale e le politiche giovanili esistenti, vista anche la grave minaccia della povertà educativa che cresce.
La crisi economica prima e l’emergenza pandemica poi hanno amplificato l’incidenza di questo terribile fenomeno anche nella nostra Regione, rendendo ancora più̀ evidenti non soltanto i limiti e le difficoltà che molte famiglie si trovano ad affrontare per garantire adeguate opportunità̀ di crescita e di esperienze ai loro bambini e ragazzi ma anche l’urgenza e la necessità di interventi di questo tipo. La proposta di legge va proprio nella direzione di una valorizzazione e di un potenziamento delle possibili esperienze educative e di animazione offerte dalla comunità ecclesiale, intesa anche come comunità educante che opera attraverso gli oratori e le attività oratoriali.
Le risorse eventualmente stanziate dalla legge non saranno destinate ad associazioni specifiche, ma ad una comunità intera che si esprime nelle Diocesi, nelle parrocchie e negli oratori quali enti organizzatori di progetti educativi rivolti ai giovani. La legge si propone di valorizzare ed incentivare lo sforzo educativo che da moltissimi anni queste realtà promuovono e portano avanti senza aver alcun riconoscimento e valorizzazione economica o formale. Una risposta a molte e molti giovani, fruitori delle esperienze e delle attività degli oratori e ai tanti volontari ed operatori lì impegnati.
I numeri parlano chiaro: secondo i dati della Pastorale Giovanile Regionale, nella nostra regione abbiamo circa 500 oratori “strutturati”, suddivisi nelle 17 Diocesi, dei quali il 45% animata in media, al giorno, tra i 30 ed i 50 fruitori, e tra i 10 e i 20 volontari adulti e tra i 10 e i 20 volontari giovani; il 39% coinvolge fino a 30 fruitori in media al giorno, fino a 10 volontari adulti e fino a 20 volontari giovani; il 16% presenta dai 50 ai 100 fruitori giornalieri e impegna più di 20 volontari adulti e più̀ di 20 volontari giovani. Una rete uniforme e capillare sul territorio regionale, che va dai centri urbani, alle periferie, sino ad arrivare alle aree interne e alle zone rurali, raggiungendo anche quella porzione di giovani e famiglie che risiedono in zone più̀ isolate e lontane dalle città.
Che senso avrebbe quindi continuare a rispondere “no grazie” ad una legge regionale che si colloca nell’alveo di una legge nazionale ultraventennale che riconosce le funzioni educative e sociali degli oratori, che risponde ad esigenze reali dei giovani e ad un mondo che sino ad oggi non vedeva nella nostra regione un reale riconoscimento e un’adeguata valorizzazione? Senza alcun dubbio, si perderebbe solo un’occasione per fare del Bene ai nostri giovani e alla nostra regione. Cosa che, visti i tempi che corrono, non possiamo permetterci.
È datata 1° agosto 2003 la legge che riconosce agli oratori una funzione sociale e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo
1. In conformità ai princìpi generali di cui al capo I della legge 8 novembre 2000, n. 328, e a quanto previsto dalla legge 28 agosto 1997, n. 285, lo Stato riconosce e incentiva la funzione educativa e sociale svolta nella comunità locale, mediante le attività di oratorio o attività similari, dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un’intesa ai sensi dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione, ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali in materia.
2. Le attività di cui al comma 1 sono finalizzate a favorire lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio nazionale. Esse sono volte, in particolare, a promuovere la realizzazione di programmi, azioni e interventi, finalizzati alla diffusione dello sport e della solidarietà, alla promozione sociale e di iniziative culturali nel tempo libero e al contrasto dell’emarginazione sociale e della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile, favorendo prioritariamente le attività svolte dai soggetti di cui al comma 1 presenti nelle realtà più disagiate.
3. Le regioni possono riconoscere, nell’ambito delle proprie competenze, il ruolo delle attività di oratorio e similari svolte dagli enti di cui al comma 1.
1. Sono considerati a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari dagli enti di cui all’articolo 1, comma 1.
2. Le minori entrate di cui al comma 1, ragguagliate per ciascun comune al corrispondente gettito ICI riscosso nell’esercizio 2002, sono rimborsate al comune dallo Stato secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno. I trasferimenti aggiuntivi così determinati non sono soggetti a riduzione per effetto di altre disposizioni di legge.
3. Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 2,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno.
1. Ai fini della realizzazione delle finalità di cui alla presente legge, lo Stato, le regioni, gli enti locali, nonché le comunità montane possono concedere in comodato, ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, beni mobili e immobili, senza oneri a carico della finanza pubblica.
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità di cui alla presente legge nell’ambito delle competenze previste dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, senza oneri a carico della finanza pubblica.