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Accompagnare chi muore è il dono più importante
Reggio Emilia Ricorda la Chiesa «ospedale da campo» di papa Francesco, oltre che l’icona evangelica del Buon Samaritano, la scelta della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla di entrare attraverso propri sacerdoti nei reparti Covid per portare il conforto dei sacramenti e una parola di speranza. Il servizio di un primo gruppo di volontari è già iniziato: sei preti si rendono presenti negli ospedali di Reggio Emilia, Guastalla e Scandiano 6 giorni su 7, con turni dalle 13 alle 20, nella più rigorosa osservanza dei controlli a cui essi per primi si sottopongono e nel rispetto della libertà di coscienza dei pazienti.
Un segno di consolazione divenuto concreto grazie a una convenzione firmata dal direttore generale dell’Ausl-Irccs di Reggio Emilia, Cristina Marchesi, e dal vescovo Massimo Camisasca. «È stata ed è per me una priorità in questo tempo di coronavirus durante sia la prima sia la seconda ondata della pandemia, assicurare la presenza di sacerdoti all’interno degli ospedali», afferma Camisasca. E aggiunge: «Garantire la vicinanza di un prete a chi è gravemente malato o sta morendo è la più alta forma di carità che la Chiesa possa esprimere. Accompagnare chi muore è il dono più importante che possiamo fare ai nostri fratelli.
Non c’è infatti solitudine più grande di quella della morte. La presenza del sacerdote alimenta la speranza che l’incontro con Dio sia un incontro vitale, rappresenti l’inizio di una nuova vita». L’idea iniziale, maturata anche grazie alla testimonianza di don Alberto Debbi, pneumologo tuttora operante a chiamata presso l’ospedale di Sassuolo, ha subito incontrato l’appoggio dei vertici dell’azienda sanitaria. Sono seguite, da parte della Chiesa locale, le richieste di disponibilità ai sacerdoti, individuando come potenzialmente idonei quelli di età inferiore ai 60 anni. Diciotto i presbiteri che hanno risposto all’appello e accettato di intraprendere un cammino di formazione online, che sta già interessando un secondo gruppo di preti per il periodo dal 1° al 24 gennaio. Insieme ai loro, partecipano agli incontri preparatori sia i dipendenti dell’azienda sanitaria, che ne curano l’addestramento, sia membri di un’équipe diocesana, che offre un percorso di sostegno.
«Attraverso questi giovani sacerdoti tutta la nostra Chiesa si fa presente e condivide con chi soffre un’esperienza di malattia che speriamo possa(continua a leggere https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/noi-sacerdoti-in-corsia-accanto-ai-malati-covid)