Diocesi
Accogliere significa condividere
La celebrazione della giornata dedicata ai migranti e rifugiati ha avuto un immediato pensiero per le decine di migliaia di Afghani che da più di un mese stanno soffrendo per le tragiche vicissitudini alle quali stiamo assistendo e che con difficoltà stiamo contrastando. Infatti, all’apertura della concelebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, monsignor Simone Giusti, nel saluto ai fedeli, il parroco frà Emilio ha ricordato le numerose sofferenze del popolo afghano e delle persone rifugiate anche fra noi.
Nella nostra diocesi infatti sono molte le realtà straniere presenti alcune delle quali durante la Messa hanno fatto le letture e le preghiere nella lingua d’origine: polacco, coreano, romeno. Monsignor Giusti durante l’omelia ha detto che nella Chiesa non esistono stranieri ma tutti sono fratelli; le frontiere sono state create dagli uomini. “La Chiesa invece esprime la sua cattolicità nell’accogliere tutti senza fare differenze.” Il vangelo stesso ricorda che il Signore semina ovunque anche in coloro che non dimorano nella sua tenda. I confini del Signore sono più larghi del numero dei battezzati. Dobbiamo stare attenti a tutti coloro che sono amanti di Dio e del prossimo, anche se hanno credo e fedi diverse. Papa Francesco sta facendo grandi sforzi affinché anche con gli islamici si faccia un dialogo ed un percorso costruttivo e il prossimo sinodo vuole essere un sinodo rivolto a tutti per fare un cammino nello spirito di comunione nelle fedeltà al Vangelo. Guardando a noi stessi, vediamo che spesso ci manca la forza e la radicalità che deve indurci ad essere intolleranti nei confronti del peccato. “Molti purtroppo sono gli esempi che devono essere evitati. Siamo troppo fragili e ci troviamo di fronte a comportamenti che portano fuori dalle regole e manchiamo nei confronti del vangelo non per una considerata scelta ma per la nostra condizione umana molto fragile”. La virtù della della prudenza ci deve guidare in questo rinnovato cammino. “Saranno i poveri i giudici del nostro comportamento non evangelico. Non e possibile che il carnefice sieda nella Gerusalemme celeste insieme al povero oppresso, seviziato, ucciso. Dobbiamo comprendere che i nostri comportamenti non sono indifferenti. Se mi incammino nell’amore al termine della vita sarò con Dio via dell’amore, ma se il mio percorso è diverso non posso certamente pretendere di sedere nei cieli con i poveri e i perseguitati. Dobbiamo considerare i peccati di omissione, e dobbiamo interrogarci”. Più passa il tempo e più dobbiamo tenere presenti questi aspetti e ricordarci che i nostri poveri saranno i nostri giudici davanti al Signore.
Al termine della concelebrazione Don Cantini, prima della proiezione di due filmati sulle comunità accolte nella nostra Diocesi, ha ricordato come accogliere non significa solo dare da mangiare o bere, ma anche condividere. La Caritas diocesana ha realizzato dei centri di accoglienza con l’aiuto della Fondazione della Cassa di Risparmio e nel filmato ragazzi e ragazze provenienti dal Mali, dalla Nigeria dal Senegal, dal Gambia, Guinea hanno raccontato le loro testimonianze legate al lavoro, alla lingua per integrarsi. Integrarsi non vuol dire uniformare la loro vita alla nostra, ma scambiarci esperienze. Spesso nell’emigrazione non è facile fare le cose; vi è la fatica di mettere in moto tutti se stessi e far si che quello che facciamo sia accolto e apprezzato e incoraggiato. I nostri ragazzi ce la mettono tutta e noi non dobbiamo avere atteggiamenti negativi nei confronti degli altri e del diverso.