Parrocchie
A San Giovanni Gualberto un incontro interreligioso
A dispetto del freddo e della pioggia, Il giorno 6 dicembre alle ore 21,00,davanti ad un folto pubblico si è tenuto, presso la chiesa di San Giovanni Gualberto, alla Valle Benedetta (Livorno), un incontro dal titolo: “I monaci per il dialogo tra le religioni: una via per andare oltre”.
Ha coordinato i lavori Roberta Petta, della comunità di San Giovanni Gualberto, ed hanno partecipato: Raffaello LosanGompo Longo, monaco buddista della tradizione tibetana o Mahaianadell’istituto Lama TsogKhapa di Pomaia; SvaminiHamsananda Ghiri monaca induista presso il monastero Gitananda Ashram di Altare; Fratel Benedetto Doni monaco cistercense e Fratel Daniele Chiletti, monaco trappista dall’Eremo di San Martino di Agliati, Palaia.
L’incontro è stato organizzato dall’associazione Alberto Ablondi, vescovo che ha sempre avuto a cuore il tema dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Ha aperto i lavori don Cristian Leonardelli, parroco della chiesa di San Giovanni Gualberto, salutando i partecipanti.
Il dialogo si è aperto su tre diversi livelli tra loro correlati: che cos’è il DIM, il proprio modo di viverlo e il significato dell’andare Oltre.
SwaminiHamsananda, storica partecipante, ha illustrato che cos’è e qual è il fine del DIM cioè il dialogo interreligioso che, come ha riferito poi Fratel Daniele, è stato voluto da Papa Paolo VI, durante il concilio vaticano II e tuttora è sostenuto da Papa Francesco.
Attraverso il DIM confrontando le proprie con le esperienze altrui è possibile scoprire aspetti nascosti del proprio essere, e che l’altro non è poi così altro in quanto tutti hanno la stessa sete di Dio.
Siamo entrati quindi nel viso con una domanda figurata posta da Roberta:
“Ci piacerebbe attingere alla vostra esperienza di monaci per capire attraverso quali modi si possa accedere ad una dimensione spirituale che sia .. come quando si sale in montagna e si respira e si vede. Da molti versanti si arriva camminando per valli e dirupi, ma unica è la cima. Ed in cima si respira un’aria più rarefatta e pura. Dalla cima tutto è più chiaro e limpido. Vi chiediamo quindi di portarci un po’ di quell’aria e di quella Visione”.
Attraverso una serie di semplici domande è stato affrontato il tema del monachesimo in termini di modalità di ricerca. I vari monaci hanno quindi potuto esprimere come si possa accedere ad una dimensione spirituale profonda parlando del “loro essere monaci e del loro rapportarsi a questo dialogo interreligioso”.
Dagli interventi è emerso il valore delle differenze che vanno conosciute e non eliminate per arrivare a stimare la qualità dell’altro. Attraverso l’altro e una visione laterale e non frontale di sé stessi si ha la possibilità di estendere la propria comprensione e coscienza. E’ stata sottolineata l’importanza della tradizione visto che si tratta comunque di religioni di storia millenaria.
L’incontro è continuato con letture di testi metaforici che hanno stimolato la discussione e altre domande che hanno messo in risalto la non uniformità dell’essere monaci ma allo stesso tempo l’unità della ricerca e del cammino spirituale vissuti nella forma di vita monastica seguendo le proprie tradizioni religiose.
Ultimo tema il significato dell’andare oltre.
Non sono emersi confronti, bensì una medesima passione nella ricerca e nella volontà individuata e comune di costruire e cercare il Sé, l’Uomo nuovo, la dimensione dell’Essere sempre più vicina a Quel Tutto dai vari nomi. Le frasi più spesso pronunciate sottolineavano la facilità della comunicazione fraterna: “tra noi, si sente che sotto c’è la stessa cosa”, “non abbiamo bisogno di spiegarci”, “siamo felici di vederci e di condividere ciascuno i propri modi”, “quando qualcuno di noi perde un caro o un familiare, ci chiamiamo e chiediamo preghiere a ciascuno nel proprio modo: qualcuno di noi .. ci indovinerà” (Dice LosanGompo Longo con la sua avvincente ironia). L’assemblea ascolta attenta, meravigliata, quel coro come di “bambini in purezza, gioiosi e profondi”, respirando la coralità di un messaggio espresso dai diversi colori (porpora, arancio, grigio blu) ma con la stessa viva flagranza nonché potenza.
L’incontro si è avviato alla conclusionecon un momento “magico”, attraverso una preghiera che ciascun monaco ha recitato, o meglio intonato in forma cantata, nella lingua della propria tradizione religiosa.
I suoni dolcissimi della preghiera di Fratel Benedetto si sono intercalati con l’Om shanti di SwaminiHamsananda e la preghiera mirabilmente intonata da LosanGompoLosan e dalla monaca buddista che lo aveva accompagnato, nelle suggestive e toccanti profonde tonalità tibetane: preghiere di cui non comprendiamo i significati delle parole, ma di cui percepiamo la potenza evocativa verso un profondo contatto spirituale.
Il finale vero e proprio è stato guidato da Roberta che ha condotto in forma meditativa la preghiera attribuita a San Francesco.