Il commento
A proposito delle competenze cognitive
Il deficit italiano emerso dal rapporto

È stato presentato nei giorni scorsi il Rapporto di Inapp sulle competenze cognitive in Italia nel contesto internazionale. In quella sede si sono analizzati i vari fattori determinanti, i livelli e i rendimenti sociali ed economici che servono a descrivere questo fenomeno.
Lo studio presenta, in dettaglio, i principali risultati dell’Indagine sulle competenze degli adulti focalizzando l’attenzione sull’Italia e sulle sue aree territoriali in comparazione con gli altri Paesi e le Economie più sviluppate dell’area Ocse partecipanti al Programma.
In particolare l’indagine sulle competenze degli adulti misura le capacità nella lettura e comprensione di testi scritti (dominio cognitivo della literacy), nell’usare informazioni matematiche (dominio cognitivo della numeracy) e nel risolvere problemi in situazioni dinamiche (dominio cognitivo del adaptive problem solving), permettendo di comprendere l’attuale situazione del Paese e fornendo strumenti necessari per identificare possibili interventi di politica pubblica volti a innalzare le competenze della nostra popolazione adulta.
Emerge così che un quarto degli adulti in Italia presenta ridotte competenze in tutti e tre i domini cognitivi: nella lettura e comprensione di testi, nell’utilizzo di informazioni matematiche e nella risoluzione dei problemi in situazioni dinamiche.
In Italia ben il 35% delle persone tra i 16 ed i 65 anni ha ridotte competenze (è, quindi, definibile un “low performer”) nella lettura e comprensione di testi a differenza del 26% nella media OCSE.
Tale percentuale è, ahimè,confermata anche per le capacità di utilizzo delle informazioni matematiche (25% nella media OCSE), mentre sale al 46% nelle capacità di risolvere problemi in situazioni dinamiche rispetto al solamente 29% nella media dei paesi più sviluppati. Un dato, peraltro, quest’ultimo che sembra sconfessare uno stereotipo classico sugli italiani e la loro capacità di “arrangiarsi”.
Parallelamente, ed ovviamente, le persone con alti livelli di competenze (gli “high performer”) nel nostro Paese sono significativamente meno numerose: 5% nella lettura e comprensione dei testi (12% nella media OCSE), il 6% nell’utilizzo di informazioni matematiche (14% nella media OCSE) e appena l’1% nella risoluzione di problemi in situazioni dinamiche (5% nella media OCSE).
Sembra, insomma, che molte delle ragioni della crisi, ormai decennale, del nostro paese e la nostra crescente difficoltà ad essere competitivi in un mondo, e in un mercato del lavoro ma non solo, sempre più globale e complesso stia probabilmente nelle ragioni della “povertà” di competenze di noi italiani, nessuno escluso.
Se è, ad esempio, giusto, e comprensibile, mettere l’accento sul merito come ha fatto questo governo con un ministero ridenominato “ad hoc”, è lecito pensare che probabilmente questo non basti.
La povertà di competenze potrebbe, infatti, divenire, molto probabilmente, nei prossimi anni, disuguaglianza socio economico ed esclusione sociale e mettere, addirittura, in crisi un certo modello di vita ormai consolidato.
Non sarebbe, quindi, opportuno firmare una tregua tra le parti politiche in “guerra elettorale” permanente e ragionare almeno su questioni strategiche come queste come sistema paese individuando le opzioni più adeguate e sostenibili?