A proposito del ponte Ablondi-Toaff

In risposta ad una iniziativa dell’Associazione Livorno Palestina, l’Associazione Ablondi ha proposto una propria riflessione sul tema sollevato. Il presente intervento riprende questa riflessione, ampliandola a beneficio dei lettori de La Settimana – Tutti i giorni.             

 

Abbiamo letto la lettera che l’Associazione culturale Livorno Palestina ha indirizzato al Sindaco e ad alcuni consiglieri comunali di Livorno sull’intitolazione del ponte ad Alberto Ablondi ed Elio Toaff (leggi qui https://www.livornotoday.it/cronaca/tre-ponti-livorno-intitolazione-ablondi-toaff-polemiche.html). Non intendiamo assolutamente entrare in decisioni che spettano a chi ha la responsabilità politica ed amministrativa della nostra città, ma come Associazione Ablondi vorremmo offrire un piccolo contributo alla riflessione.

Comprendiamo la proposta di dedicare uno spazio adeguato agli alluvionati e alle tragiche relative conseguenze, e condividiamo la necessità di fissare una duratura memoria delle vittime, a lezione e monito per il futuro: nondimeno riteniamo opportuno ribadire le ragioni a sostegno della decisione dell’Amministrazione comunale.

Siamo convinti che il Vescovo Alberto avrebbe vissuto con dispiacere e sofferenza questa presa di posizione: lo stesso sentimento che proviamo noi ora, per i motivi che vogliamo condividere. Quando con molta umiltà abbiamo proposto (ormai più di dieci anni fa) di intitolare uno spazio pubblico ad Ablondi lo abbiamo fatto nella convinzione che la sua persona, e la sua testimonianza di vita tra noi, sia stata nel segno di unire e non dividere, di abbracciare tutti senza lasciare fuori nessuno. Per questo ci siamo permessi di avanzare quella proposta.

Quando l’Amministrazione comunale ha proposto di intitolare un ponte importante della città a Lui e al rabbino Toaff, che – come Ablondi – ha saputo fare del dialogo la cifra del proprio impegno, non soltanto religioso ma anche civile, abbiamo accolto con favore l’idea. Dovendo costruire un nuovo e più adeguato ponte, abbiamo pensato che esso potrebbe rappresentare un ponte che unisce non solo nella città, ma idealmente anche la nostra città con quelle vicine e lontane: più in generale, un “gettare ponti” concreti verso chiunque e dovunque in relazione tra noi.  

La grave situazione di guerra che stiamo vivendo nel mondo, in particolare nel Medio Oriente, tra israeliani e palestinesi, tra Est e Ovest, tra Nord e Sud, ci aiuti a discernere, a trovare la pace, a far prevalere le ragioni del bene e della giustizia, l’accordo e il negoziato al posto dell’odio e dello scontro, a riconoscere i valori che contano per la vita, a valorizzare i nomi degli operatori di pace.

Come seguaci e credenti nel Dio della pace e della giustizia, ci auguriamo che si avveri finalmente l’avvento della concordia, e continuiamo a lavorare perché si realizzino, ovunque, atti di riconciliazione: passi di riconversione per una storia nuova e più giusta, a misura di uomo e di autentica umanità.          

Voglia il Cielo, e noi con Lui, che si riesca dunque ad andare al di là della attuale e grave situazione di conflitti e di morte, immaginando e augurando a tutti di andare “contro corrente”, ripartendo proprio da Gerusalemme, come ci invita a fare il Vangelo di Luca (Lc 24, 35-48) da più di duemila anni: “e nel suo nome (di Cristo) saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme…” .

Vogliamo sperare che siano finalmente avviate serie offensive di pace, e che prendano il via, diversamente dall’inconcludente disastrosa situazione attuale, processi di incontro e di negoziato, iniziative di pace e di dialogo, a cominciare dai principali attori di questo tragico miserabile teatro. A cominciare dai preziosi ma poco utilizzati “costruttori” di “ponti”, come lo sono stati Ablondi e Toaff. I quali, senza venir meno in nulla alla propria fede religiosa, anzi proprio per viverla in pienezza, hanno dimostrato che si può e si deve dialogare oltre gli steccati, aiutando a comprendere come la distinzione tra dimensione religiosa e dimensione politica di governi e partiti sia liberante per tutti. Parlando proprio del rapporto tra cristiani ed ebrei, Ablondi così scriveva: “questa distinzione è liberante per i cristiani che possono amare gli ebrei e la loro terra senza sentirsi coinvolti nella gestione politica, sempre opinabile; ed è liberante per gli ebrei, perché nessuno, con pretesti di antisemitismo, può gettare su un popolo e sulla sua missione religiosa colpe reali o presunte dei governanti di uno Stato e dei suoi partiti”.

Per questo egli chiedeva sempre a tutte le persone, senza distinzione, di “andare oltre”: “oltre Dio per raggiungere gli uomini, oltre gli uomini che incontra per raggiungere quelli che non vede ancora, oltre gli uomini della sua famiglia che ama per riuscire ad amare tutti gli altri”.

Questo è il messaggio che ci ha lasciato il Vescovo Alberto, e che egli ha testimoniato nel suo incontro di stima ed amicizia con il rabbino Toaff. Per questo pensiamo, e ci auguriamo, che nessuno possa pensare alla sua figura come un ostacolo all’incontro e al dialogo, ma che al contrario egli sia considerato un testimone capace di unire tutti, a cominciare dalle persone più povere e dai popoli meno garantiti.

 Luano Fattorini ed Emanuele Rossi, Associazione Alberto Ablondi