News
Pioniera del dialogo
Si è spenta la scorsa notte a Mestre, Maria Vingiani. Aveva 98 anni, ne avrebbe compiuti 99 a febbraio. Pioniera e apripista dell’ecumenismo italiano a partire dal dialogo con l’ebraismo, ha svolto un ruolo fondamentale nel cammino di riconciliazione tra le Chiese, ancora prima del Concilio Vaticano II. Molto vicina a Giovanni XXIII sin dai tempi in cui era patriarca a Venezia, è stata la fondatrice del Sae (Segretariato attività ecumeniche) associazione laica e interconfessionale tuttora molto presente e attiva. Simbolicamente, Vingiani è morta alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, e nel giorno che la Chiesa italiano dedica all’approfondimento della conoscenza dell’ebraismo. Di seguito l’intervista che ci rilasciò in occasione dei suoi 90 anni.È affascinante ma non facile ascoltare Maria Vingiani. Il suo racconto pulsa di storia viva, come un fascio di luce calda che illumina il cammino, impervio ma fondamentale, di riconciliazione tra le Chiese. Non è facile perché al coraggio, alla passione ecumenica, fanno da contraltare una grande riservatezza e la poca, pochissima voglia di mettersi in mostra. «Mi affido alla sua sobrietà – ripete durante l’intervista –. Io in fondo non ho fatto nulla».
Gli archivi storici la pensano diversamente. Maria Vingiani, novant’anni domani, è stata tra i grandi protagonisti dell’ecumenismo italiano, e non solo. Un impegno, una vocazione che fino alla prima metà del secolo scorso, erano considerati manie da pionieri, per di più guardati con sospetto. Nell’Italia delle Chiese divise, la separazione era elemento d’urto, di lotta. Un retaggio che qualche analista un po’ malevolo vede riaffiorare, magari solo in embrione, nella stagione delle identità rivendicate, della spaccatura sui valori non negoziabili, della paura verso lo straniero che preme ai confini.
«Oggi le diversità sono riconciliate, nello Spirito – sottolinea Maria Vingiani –, però sarebbe stato da ingenui immaginare che l’etica fosse il terreno sul quale avremmo avuto meno problemi. In realtà è quello che presenta maggiori difficoltà. Diciamo che bisogna accentrarsi sulle cose che condividiamo: la fede, la vita fondata sulla Rivelazione, sul Battesimo, per testimoniare insieme una grande apertura all’alterità. Dobbiamo essere molto attenti a non disperderci nel molto, nel troppo diversificato, a tenere stretti i legami acquisiti e anche a realizzarne di nuovi, per mettere i nostri valori al servizio di tutti, con cuore aperto, in un sentimento maturo di fraternità».
continua a leggere su https://www.avvenire.it/agora/pagine/vingiani-ecumenica-90-anni-201102281023130900000