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La festa lungo le strade del centro
Dalla chiesa di San Ferdinando, nel cuore della Venezia, l’Ostia consacrata è stata portata in processione fino alla Cattedrale, cuore della fede della città. Centinaia di persone hanno seguito l’ostensorio: l’Eucarestia è il pane dell’amore, ha detto il Vescovo nella sua riflessione – Dio si è fatto pane perché non bastava restarci vicino, voleva essere dentro di noi. Non è possibile concepire una relazione più profonda e più stretta. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui”. E per spiegare meglio questi concetti ha citato Ireneo di Lione [2] : Come il legno della vite, piantato in terra, dà frutto a suo tempo, come il grano di frumento, caduto in terra e marcito, sorge molteplice, come la vite e il frumento che, per la sapienza di Dio, servono alla vera utilità dell’uomo, perché accogliendo la Parola di Dio diventano l’Eucaristia che è il corpo e il sangue di Cristo: allo stesso modo i nostri corpi, nutriti dell’Eucaristia, deposti in terra e qui dissolti, risorgeranno a suo tempo perché il Verbo di Dio elargirà loro la risurrezione a gloria di Dio Padre. Egli circonda dell’immortalità questo corpo mortale e dona gratuitamente l’incorruttibilità a questo corpo corruttibile, perché la virtù di Dio si mostra nella debolezza.
San Paolo stesso – ha detto ancora mons. Giusti – ci indica che questa reciprocità non può essere concepita come una relazione semplicemente bilaterale, una intimità chiusa, ma al contrario è una relazione che necessariamente ci spinge ad accogliere gli altri. C’è un solo Pane, quindi siamo tutti un solo “Corpo”. La comunione è necessariamente comunione anche con gli altri, un’apertura universale. Chi non si apre agli altri non riceve veramente Gesù. La comunione ha la dimensione di unione profonda con il Signore e di unione al “Corpo” del Signore che è la Chiesa, la quale ha la vocazione di accogliere tutti i figli di Dio “dispersi”. Sono due dimensioni inseparabili.
Il “farsi vicino” si riceve da Dio, non è una semplice iniziativa umana – ha ricordato il vescovo Simone – L’amore che non scaturisce dal contatto con Dio ha il soffio corto, non è in grado di superare gli ostacoli, né di aprirsi in modo universale. Soltanto la relazione con Dio nell’amore riconoscente, permette di andare agli altri con un amore veramente aperto. Il rendimento di grazie è la sorgente della carità fraterna e ne è anche lo scopo finale: essere tutti radunati nell’amore del Padre. Riconoscere di aver ricevuto tutto da Lui e tornare tutti insieme da Lui: sta qui la pienezza della prossimità. Affermava Madre Teresa di Calcutta: Abbiamo bisogno di cibo continuo. Per questo cominciamo la giornata alle quattro e mezzo del mattino. Abbiamo la Messa, la comunione, la meditazione… Poi, la sera, in tutte le nostre case, abbiamo un’ora di adorazione tutte le sere. Viene esposto il Santissimo Sacramento, e tutte le suore comunitariamente (facciamo tutto comunitariamente), fanno un’ora di adorazione. È questa una grande sorpresa per me: siamo, infatti tutte e ciascuna molto occupate; abbiamo tante cosa da fare per la nostra gente. Eppure quest’ora di adorazione non è un’ora sottratta al lavoro per i poveri. Facciamo tutte le nostre ore di servizio pieno per i poveri. Quest’ora di adorazione trascorsa davanti a Gesù non toglie nulla al nostro sevizio. Ci ha avvicinate le une alle altre, ha intensificato il nostro amore verso i poveri, ha reso la presenza di Cristo più viva, più reale, qualcosa che veramente ci unisce.
Foto di Antonluca Moschetti