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Il «diritto di morire» non ha fondamento giuridico
Il «”diritto di morire”» che alcune «pronunce» giurisprudenziali «inventano» è «privo di qualsiasi fondamento giuridico». Lo dice il Papa nell’udienza ai giuristi del Centro studi Livatino, intitolato al magistrato ucciso a 38 anni il 21 settembre 1990 e definito da Giovanni Paolo II – come ha ricordato Francesco – «martire della giustizia e indirettamente della fede». IL TESTO INTEGRALE
Il Papa ricorda che «in una conferenza, riferendosi alla questione dell’eutanasia, e riprendendo le preoccupazioni che un parlamentare laico del tempo aveva per l’introduzione di un presunto diritto all’eutanasia», il magistrato del quale si è conclusa la fase diocesana del processo di beatificazione «faceva questa osservazione: “Se l’opposizione del credente a questa legge si fonda sulla convinzione che la vita umana […] è dono divino che all’uomo non è lecito soffocare o interrompere, altrettanto motivata è l’opposizione del non credente che si fonda sulla convinzione che la vita sia tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni “indisponibili”, che né i singoli né la collettività possono aggredire”».
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