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Ecumenismo e dialogo interreligioso, oggi
Nell’accogliente sede della Biblioteca dei Bottini dell’Olio si è tenuto l’incontro sul tema: “Ecumenismo e dialogo interreligioso, oggi”. Il professor Emanuele Rossi, Presidente dell’Associazione Alberto Ablondi, da cui è partita l’iniziativa patrocinata dal Comune, ha preso subito lo spunto per la presentazione del volume, realizzato dal diacono Renato Rossi, che raccoglie numerosi testi del Vescovo Ablondi sull’ecumenismo. Infatti il volume: “Alberto Ablondi Vescovo. Evangelizzazione ed ecumenismo” è ricco di una serrata documentazione e di atti significativi che ora possono essere fruibili da tutti, a ciò si aggiunge un prezioso apparato di fotografie. Un libro -ha aggiunto- che ci consente di riflettere sull’operato pastorale del Vescovo e nello stesso tempo aprire delle prospettive per il futuro ecumenico. Nei suoi viaggi il Papa -ha concluso- ha parlato di un ecumenismo del sangue, dei poveri, delle missioni, l’80% dei perseguitati oggi sono cristiani delle varie confessioni, dunque “per i persecutori i cristiani sono già una cosa sola!”, comunque il futuro dell’unità richiede “passione e pazienza” così come Ablondi le ha vissute!
Don Giuliano Savina, dirigente dell’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della C.E.I, ha esordito partendo da Capitolo 11 della Lettera agli Ebrei, dove si parla della trasmissione della fede, trasmissione che implica delle persone che si relazionano tra loro. La spiritualità è qualcosa di concreto a partire dal corpo, nel nostro caso dal corpo di Mons. Ablondi, che si è lasciato interrogare, ferire, dalle vicende della storia, infatti “l’ecumenismo passa sempre attraverso le persone”. Alcune considerazioni generali: da un punto di vista teologico dobbiamo chiederci cosa ha capito la Chiesa di se stessa a partire dal Vaticano II. Senz’altro quello del superamento di una “cattolicità confessionale delimitante”, a favore di “un ecumenismo cattolico che è universale in sé”. L’incontro con l’altro che ha ribaltato la vita di Ablondi “genera una digressione di deformazione trasfigurante”, cioè crea una bellezza generatrice di vita. Il Concilio è stato dunque simile ad una donna gravida che ha condotto all’apertura al nuovo della storia e della realtà. Venendo all’oggi ciò significa “ridire la Chiesa nel contesto contemporaneo”. Camminare nella storia a testa alta e ascoltare l’altro come l’altro dice se stesso, per cui, come ha fatto Ablondi, riconoscere l’altro e rispettarlo, capire la bellezza dell’umanità all’interno delle diversità.
Claudio Frontera, già presidente dell’Amministrazione Provinciale, ha iniziato dicendo: “l’amicizia di Ablondi è stata per me un grande dono”. Ho contribuito al Sinodo della Chiesa Livornese realizzando un documento, ed è lì che ho imparato cosa fosse il dialogo. Il dialogo è un atteggiamento coinvolgente e profondo, è un rapportarsi ai problemi con l’apertura e la disponibilità a mettersi in gioco. Significa accettare un rischio che presuppone che la verità si cerchi insieme, appunto attraverso il dialogo che mette in relazioni le parti e le fa crescere. Sembra che oggi non sia tempo di dialogo, ci sono forze potenti che remano in direzione opposta, ma rimane una profonda ricerca di risposte che riguardano la nostra identità. Chi siamo? L’identità è una parola rischiosa, può indurre al monologo e non al dialogo e trova riscontro nei vari fondamentalismi. La vera scelta da fare oggi non è tra individuale e senso della comunità, ma tra individuale e individuo, bisogna cioè aprirsi all’altro riscoprendo “l’importanza etica della diversità nella dignità di ciascuno” come ci ha insegnato Ablondi. La scelta dunque è fra apertura e chiusura, far prevalere la scelta positiva non è semplice. Il dialogo, come cultura dell’incontro fra le diversità deve rispondere a questa sfida, costruire l’identità attraverso il dialogo sono due aspetti che devono convivere. Mons. Ablondi che ha avuto un rispetto profondo per la vita della comunità, non ha mai trascurato le persone più semplici, dimostrando che il dialogo è una potente modalità “di costruzione della società civile”.
Dopo questo intervento hanno portato la loro esperienza personale alcune persone che per vari motivi e in vari momenti hanno apprezzato l’opera compiuta dal Vescovo Ablondi, tra questi: Monica Cuzzocrea, Francesca Dal Corso, Annamaria Sammartano, Enrica Talà, Margherita Bani e Davide Bettinetti. Al termine l’autore del libro, Renato Rossi, ha messo in risalto come Ablondi abbia costantemente “amato Dio e amato l’uomo”, un amore che ci fa comprendere il suo operare nei confronti della società. “Oltre” è stata la parola da lui molto spesso “usata e vissuta”. Rossi ha fatto numerosi riferimenti alla sua azione ecumenica a partire dai matrimoni misti e le loro regole attuative. L’obiettivo del libro -ha concluso- è quello di “non perdere la memoria” e di ascoltare le parole del Vescovo “per non ripiegarsi su noi stessi”