Nazione, tribù, popolo e lingua

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

una moltitudine immensa

La solennità di oggi offre alla nostra contemplazione l’immagine diuna moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.

Se alle nostre spalle abbiamo la Resurrezione del Signore, e il dono dello Spirito Santo che ci ha resi annunciatori e testimoni di Cristotra gli uomini, nella nostra prospettiva c’è la moltitudine immensa dei salvatiche stanno davanti al trono e davanti all’Agnello, dopo aver lavato le loro vesti nel suo sangue.

La visione di Giovanni ci mette dinanzi la smisurata stirpe degli eletti, l’incalcolabile universalità della salvezza, che va oltre i confini e le divisioni umane: ogni nazione, tribù, popolo e lingua

La moltitudine è l’assemblea dei beati che la visione vuol farci intravedere per accendere nel cuore di ciascuno la nostalgia di vivere già in terra ciò che gli eletti vivono in cielo, dinanzi al trono dell’Agnello; è la prospettiva dei nostri rapporti di oggi, la beatitudine dell’amicizia e della concordia, della universalità – cattolicità – del nostro credere e sperare nella storia.

Dobbiamo riscoprire, nelle nostre famiglie, nelle comunità cristiane, la bellezza del cammino di santità, sentire che Dio ci vuole partecipi del suo stesso amore, capaci di andare oltre i confini dei limiti umani, le discriminazioni, le differenze che dividono l’umanità in nazione, tribù, popolo e lingua.

 

La salvezza appartiene al nostro Dio,

La solennità di oggi ci fa contemplare il mistero della volontà di Dio Padre che nei nostri riguardi ci vuole tutti salvati; “[Dio] vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1Tm 2,5). Egli non solo, “non fa preferenza di persone” (Rm 2,11), ma “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Quando immaginiamo il regno dei cieli, dobbiamo necessariamente cambiare la mentalità che giudica e separa, discrimina e scarta, perché “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). Nella famiglia dei figli di Dio “non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano” (Rm 10,12).

Riscoprire l’universale chiamata alla santità vuol dire impegnarsi, perché nel mondo scompaiano le diseguaglianze tra “nazione, tribù, popolo e lingua”. Oggi purtroppo viviamo “la globalizzazione dell’indifferenza” e “la cultura dello scarto”, e non è possibile dire di desiderare ciò che già qui in terra non si costruisce: la giustizia, l’amore, la concordia, la fraternità universale e la cura dei deboli.

grande tribolazione

Coloro che stanno davanti al trono dell’Agnello e cantano la sua gloria in vesti candide, non hanno evitato la croce, ma l’hanno presa su di sé: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16, 24-25). Dio ci vuole uomini e donne autentici, non ci toglie le difficoltà, non evita i momenti in cui cadiamo a terra e avvertiamo il fallimento della vita, ma ci aiuta a risollevarci nella prova, a non soccombere allo scoraggiamento, a non lasciarci vincere dal male, ad accogliere la croce. Come un bambino che non impara a camminare senza le cadute, così anche noi senza passare attraverso la prova non possiamo dire di essere maturi.È la tribolazione la verifica del nostro essere discepoli di Gesù, la difficoltà il banco di prova dell’appartenere a Lui; Cristo è “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5-6).“Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).