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Persi 400mila abitanti in 4 anni
Il peggior calo degli ultimi 100 anni
La recessione demografica che sta colpendo l’Italia, ormai dal 2015, appare “significativa” e si sta traducendo in “un vero e proprio calo numerico di cui si ha memoria solo risalendo al lontano biennio 1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell’epidemia di spagnola”, ha spiegato Blangiardo lasciando intendere che per trovare una soluzione comparabile occorre tornare indietro di circa un secolo.
400mila residenti in meno in 4 anni
Al primo gennaio 2019 si stima che la popolazione residente in Italia ammonti a 60,4 milioni, oltre 400mila persone in meno rispetto all’1 gennaio del 2015 (una cifra che corrisponde agli abitati delle città di Bologna). Questo declino demografico è dovuto alla “diminuzione delle nascite e all’aumento tendenziale dei decessi”. Il rapporto evidenzia infatti che “nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe oltre 439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008, mentre i cancellati per decesso sono poco più di 633mila, circa 50mila in più”. D’altra parte, fino al 2016, il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni non aveva ancora avuto figli, sebbene coloro che avevano dichiarato che l’avere figli non rientra nel proprio progetto di vita fossero meno del 5%.
Cala il tasso di fecondità delle donne
Le cause di questo trend della natalità vanno ricercate soprattutto nella diminuzione della popolazione femminile in età fertile e nel calo del tasso di fecondità media, come fa notare ancora il rapporto: “La diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017, circa 900 mila donne in meno, spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017)”. Lo stesso contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. “Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100mila (il 21,7% del totale)”.
Una componente stranieri di tutto rilievo
“Il saldo migratorio con l’estero, positivo da oltre 40 anni, ha limitato gli effetti del calo demografico”, osserva ancora il rapporto. “Non va ignorato che la crescita della popolazione italiana degli ultimi vent’anni è avvenuta unicamente grazie all’aumento della componente di origine straniera”, ha detto ancora Blangiardo, precisando che si tratta di “una componente che al primo gennaio 2019 conta 5 milioni e 234mila residenti, pari all’8,7% della popolazione, una numerosità di tutto rilievo e superiore al numero di abitanti di nove dei 27 Paesi dell’Ue”.
Deflusso dei giovani da Sud a Nord
Un altro aspetto drammatico della demografia italiana, evidenziato dall’Istat, è il “deflusso di giovani italiani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-Nord”, circa 250mila durante l’ultimo decennio. Problematico anche il fenomeno dei giovani che escono dalla famiglia sempre più tardi sperimentando percorsi di vita “meno lineari del passato”, che spostano in avanti le tappe di transizione allo stato adulto. L’Istat rileva quindi che più della metà dei ragazzi che vanno dai 20 a 34 anni (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore.
Migliora condizione degli anziani
In compenso gli italiani invecchiano più tardi. Tra gli over 65 “si osserva una maggiore diffusione di stili di vita e abitudini salutari” e l’aumento della pratica di sport, dall’8,6% del 2008 al 12,4% del 2018. Anche la partecipazione culturale (cinema o teatro) cresce. Aumentano quelli che sono definiti i ‘grandi anziani’: a inizio 2019 gli over 85 sono circa 2,2 milioni.
Denatalità crea effetto frenante sull’economia
Infine l’Istat lancia un monito riguardo al rischio che il crollo della natalità possa determinare anche il calo del Prodotto interno lordo. “Se fino al secolo scorso la componente demografica ha mostrato segnali di vitalità e ha spesso fornito un impulso alla crescita del Paese anche sul piano economico, oggi potrebbe svolgere, al contrario, un effetto frenante”, ha spiegato il presidente dell’Istat Blangiardo. “Viene da chiedersi – ha aggiunto – se siamo (e saremo ancora) un popolo che guarda avanti e investe sul suo futuro o se invece dobbiamo perlopiù sentirci destinati a gestire il presente”. La questione demografica è dunque una delle sfide principali per garantire all’Italia un futuro stabile e prosperoso.
Blangiardo: avere figli è visto come un fatto privato
Cause e conseguenze di questo calo demografico sono state al centro dell’intervista che lo stesso presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha rilasciato a VaticanNews. Il demografo ha parlato di un mancato ricambio generazionale e di un progressivo invecchiamento della popolazione che può avere ricadute sia cui consumi sia sulla “rete del welfare famigliare”, che nel futuro rischia di essere seriamente indebolita. Secondo Blagiardo la diminuzione del tasso di natalità è dovuta ad un mix di fattori: “I figli costano sia in termini economici che di tempo a loro dedicato, sono infatti necessarie politiche di conciliazione lavoro-famiglia soprattutto per le donne”. Oltre tutto, ha fatto notare ancora il presidente dell’Istat, fare figli viene percepito come un “fatto privato” e non come “un contributo” al mantenimento dell’equilibrio sociale.