Come ridare la carica ai figli svogliati

Un’ora a judo, poi la lezione di violino. Ma in fretta, senza perdere tempo, che alle 16 c’è catechismo. Alle 18 collegamento on line per fare insieme al gruppo i compiti di matematica. Risultato? Alla sera i nostri ragazzi hanno lo sguardo spento e la lingua bloccata. Inutile rivolgere loro la parola. Non rispondono e non mostrano reazioni. L’unica parte del corpo in attività sono le dita che continuano a correre sul telefonino. Non c’è da stupirsi se, di fronte a programmi quotidiani più fitti di quelli di un supermanager, che non lasciano loro spazio per nessuna variazione sul tema, che tolgono il respiro e consumano tutte le energie, siano sempre di più quelli che si tirano da parte. All’inizio sembrano svogliati e apatici. Poi succede che decidano di non andare a scuola, mandare al diavolo i vari programmi e corsi di allenamento e di perfezionamento. E alla fine si chiudono in camera. Fine delle trasmissioni.

I genitori sbottano: “Ma come? Faceva sport, andava bene a scuola. Ora sembra che non ci sia più nulla che possa interessarlo. È diventato svogliato, pigro”. Una condizione comune in tutto l’Occidente. I ragazzi, dicono gli esperti, hanno perso la motivazione. Tante le ragioni. Alcune facilmente intuibili. Schiacciati dalle aspettative talvolta esagerate dei genitori, dalle richieste di performance scolastiche e sportive sempre più pressanti, da difficoltà relazionali con il gruppo dei pari, dove non di rado rivalità e bullismo rendono ancora tutto più difficile, quelli che preferiscono alzare bandiera bianca sono in numero sempre maggiore.

Una “non scelta” che finisce per confinare ragazzi e, in misura minore, ragazze – nel pianeta femminile la resilienza è maggiore – nel recinto esclusivo del virtuale, con tutti i rischi ben noti: isolamento psicologico, perdita di autostima, confusione tra digitale e reale, malessere crescente. Per aiutare questi adolescenti a rimettersi in gioco, per avvicinarsi con prudenza e misura al loro disagio, occorre avere le idee ben chiare. E osservare alcune regole importanti, per evitare di fare più danni che benefici.

Lo spiega bene un’esperta come Ellen Braaten, docente di psicologia presso la Harvard Medical School, in un libro uscito da poco, Ragazzi brillanti ma senza interessi. Come risvegliare la motivazione di vostro figlio (Franco Angeli, pagg.228, euro 29). La studiosa, che ha lungo indagato l’area della valutazione dei disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione, accompagna i genitori a individuare i motivi che potrebbero aver contribuito a spegnere l’interruttore della voglia di fare. È venuto meno il desiderio? La forza di volontà? L’autostima? O ci sono ragioni più complesse, legate ai rapporti con i coetanei? O, ancora, è opportuno indagare la sfera della salute, il sonno, il cibo, il cui equilibrio potrebbe essere stato sbilanciato da una sofferenza psicologica. E poi c’è, impalpabile e micidiale come sempre, lo stress “uno dei motivi per cui i ragazzi si scoraggiano e si perdono”, scrive l’esperta.

Proprio pensando alla vita fin troppo affollata di appuntamenti e di impegni dei nostri ragazzi, Braaten sottolinea che una delle “maggiori fonti di stress è la sensazione di non avere il controllo della propria vita”. La preoccupazione di non riuscire a fare bene i compiti – per citare la causa apparentemente più banale – può diventare una fonte di stress cronico, oltre naturalmente a cause più gravi, come è stato il Covid negli scorsi anni. Se poi allo stress dei ragazzi si somma quello dei genitori, innescato proprio dalla preoccupazione di questo momento di sbandamento da parte dei figli, la frittata è fatta.

Inutile arrabbiarsi, sbraitare, inveire. Calma. Un bel respiro e ripartiamo. Per esempio (continua a leggere https://www.avvenire.it/famiglia/pagine/mamma-che-noia-come-ridare-la-carica-ai-figli-svogliati)