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La paternità castrata
E’ certamente difficile parlare del padre oggi. Il contesto sociale e culturale attuale rende problematica tale figura per motivi tra loro opposti.
Da una parte, residui antiautoritari sessantotteschi e sospetti freudiani, verso ogni tipo di dipendenza hanno creato una sorta di padre-padrone.
Dall’altra, specie in questi ultimi anni, quasi in contrasto, si assiste a un neopecorismo come bisogno di dipendere, d’identificarsi con il gruppo, con l’autorità o con l’istituzione. Da queste posizioni opposte ne verrebbe fuori, da un lato, una paura del padre o una pretesa di farne a meno, dall’altro, una dipendenza eccessiva. In ogni caso la nostra “adozione” di figli di Dio ne risentirebbe a tal punto che potremmo vivere con Dio un rapporto di paura e timore, forse perché lo sentiamo giudice o perché temiamo che sia troppo esigente.
Tali atteggiamenti ci illudono di vivere da figli, ma in realtà, senza prendere posizione, senza cambiare vita, senza scegliere di giorno in giorno una risposta personale e creativa, ci fa vivere di rendita, anziché della libertà dei figli di Dio.
Alla contestazione socioculturale c’è da aggiungere la paternità “castrata” quale espressione di paternità monca o mancata, di chi pur essendo padre si comporta in modo opposto da una parte “recita” il copione del dittatore dall’altra quella dell’indifferente.
Il padre dittatore o padrone è colui che da leggi e norme ai figli come se fossero i suoi sudditi, è intransigente e intollerante alla minima trasgressione della legge, ed è incapace di perdonare. I figli cresciuti sotto la sua tirannia saranno degli insicuri, e pertanto dei ribelli contro ogni tipo di istituzione e autorità.
Il padre indifferente o distaccato, al contrario, è incurante dei figli e apatico a ogni tipo di consiglio, è praticamente inesistente. I figli vissuti con questo padre sono dei timidi e comunque timorosi a ogni tipo di scelta. Il padre dittatore e il padre indifferente incidono negativamente nella formazione del figlio. L’insicurezza e la timidezza, quale prodotto della paternità castrata o mancata, influirà anche il rapporto del figlio con Dio Padre.
La paternità feconda, al contrario, è contemporaneamente autoritaria e indulgente, ferma e docile, stabile e arrendevole. Vivere la paternità feconda vuol dire mettere insieme l’autorità di esigere con la docilità di comprendere i figli per non cadere nella severità, la severità infatti, non è mai stata educativa. Il figlio educato nella paternità feconda è in grado di ricevere e dare amore, ma anche di godere della sua figliolanza, che lo rende capace poi di esprimere la paternità in tutta la sua fecondità.
La paternità feconda ci fa riscoprire e gustare la libertà dei figli di Dio, che ci fa gridare: “Abbà padre” (Gal 4,6).