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Perché l’attacco, perché ora, il nodo Ucraina: la guerra in 9 domande
1. Cosa è successo?
Alle 6.30 del 7 ottobre, il gruppo terrorista islamico palestinese Hamas sferra a Israele dalla Striscia di Gaza l’attacco più massiccio degli ultimi decenni. Vengono lanciati fra i 2.500 e i 5mila razzi, che colgono di sorpresa i soldati: nella confusione, decine di miliziani superano il confine a bordo di deltaplani, mentre altri 400 con l’esplosivo aprono nella barriera varchi per il passaggio di moto e veicoli. Nei primi scontri centinaia tra soldati e civili sono uccisi o catturati. Una cinquantina di miliziani fa irruzione in un rave party, nel deserto del Negev, uccidendo almeno 260 persone e rapendone decine. Israele bombarda la Striscia, decreta lo stato di guerra e richiama 300mila riservisti in vista di un attacco via terra. Annuncia un “assedio completo” di Gaza con il taglio delle forniture di acqua, cibo, carburante ed elettricità.
2. Perché l’attacco adesso?
L’obiettivo dichiarato per l’apertura del conflitto è la liberazione dei luoghi santi islamici e l’indipendenza dei Territori palestinesi. Ma le ragioni sono evidentemente altre: sono in corso trattative tra Israele e Arabia Saudita per un allargamento dei cosiddetti Accordi di Abramo del 2020 che, sponsorizzati dagli Stati Uniti di Trump, hanno aperto o riavviato canali diplomatici tra lo Stato ebraico ed Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. Riad punta a isolare proprio Teheran e integrare nella regione la sua economia post-petrolifera. D’altra parte, uno dei temi sul tavolo sono le concessioni che Israele dovrebbe fare all’Anp dell’87enne Abu Mazen per riprendere le trattative di pace. Tutto questo è inviso ad Hamas (e ai suoi alleati).
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