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«Dopo Bibbiano». I punti deboli della riforma dell’affido
Più rispetto per le famiglie, attenzione prioritaria ai bisogni dei bambini, dimezzate le possibilità di intervento dei giudici, cancellata la possibilità per le strutture di accoglienza di ricevere contributi pubblici, obbligo di nominare un curatore speciale del minore, cancellazione del famigerato articolo 403 (allontanamento coatto del minore con l’intervento delle forze dell’ordine).
È segnato da un garantismo totale, che in alcuni passaggi rischia di diventare un po’ utopistico, il progetto per la necessaria riforma della legge sull’affidamento familiare. Si tratta dello strumento che, secondo il governo, dovrebbe cancellare il rischio di nuovi ‘casi Bibbiano’. La bozza intitolata ‘Modifiche al codice civile e alla legge 4 maggio 1983, n.184, in materia di affidamento di minori’, prima firmataria Stefania Ascari (M5s), è stato incardinato martedì alla commissione Giustizia della Camera. Ora partirà il lungo iter delle audizioni e non è escluso che il testo venga integrato con altre proposte prima di arrivare al provvedimento finale. Anzi, è auspicabile perché questa bozza, tutta costruita sull’emotività dell’inchiesta della Val d’Enza, rischia di presentare l’affido non come gesto solidale di una famiglia che ne aiuta un’altra – come dovrebbe essere – ma come scelta giudiziaria punitiva, eventualità da temere se non da esecrare.
Certo, il proposito di fondo è condivisibile: «limitare quanto più possibile l’allontanamento dei minori dalla propria famiglia di origine», che era anche l’obiettivo della parziale riforma alla legge dell’affido approvata nel 2001. Questa volta però si fa un passo più deciso, andando a cancellare o modificare profondamente quegli articoli del codice civile che regolano responsabilità genitoriale, allontanamento dei minori e modalità di intervento dei giudici. La ratio rimane immutata. Quando la condotta del genitore «è in contrasto con i doveri inerenti la responsabilità » e quando c’è «un pericolo concreto e attuale di pregiudizio per la vita, l’incolumità, la salute fisica e la libertà personale o morale» (art. 330 e 333 del Codice civile) l’intervento del giudice minorile è inevitabile. La riforma che si vorrebbe introdurre prevede però dettagli più articolati e vorrebbe limitare fortemente la discrezionalità del giudice. Occorre innanzi tutto «salvaguardare l’unità del nucleo familiare ».
E, invece del bambino, si ritiene più opportuno allontanare il genitore sospettato di maltrattare o abusare i figli. E questo è ineccepibile.