Non dobbiamo dimenticare la dignità dell’uomo

L’Edelman Trust Barometer è un sondaggio globale che misura la fiducia delle persone nei confronti delle quattro istituzioni principali: aziende o marchi, governi, ONG e media. Nella sua analisi dell’anno 2021, rivela che troviamo un «mondo intrappolato in un circolo vizioso di sfiducia, alimentato da una crescente sfiducia nei media e nel governo». Attraverso la disinformazione e la divisione, queste due istituzioni alimentano il ciclo e lo sfruttano per guadagni commerciali e politici. Gli studi attribuiscono l’inizio di questo logoramento della fiducia alla crisi finanziaria globale del 2008, poiché le sue conseguenze hanno messo in luce difetti sistemici che hanno portato l’ordine economico mondiale sull’orlo del collasso.

Allo stesso tempo, la tecnologia continua ad alterare i comportamenti e gli istinti umani, spingendo le istituzioni a tenere il passo con le mutevoli aspettative dei clienti, sviluppando contemporaneamente le tecnologie del futuro. Sta avvenendo un cambiamento di fiducia: la tecnologia sta costruendo fiducia in enormi reti di persone, organizzazioni e macchine intelligenti in modi che disaggregano le tradizionali gerarchie di fiducia. La diminuzione della fiducia nel potere istituzionale è accompagnata dall’emergere di un nuovo tipo di fiducia che allontana il potere da un’unica fonte e condivide tale responsabilità attraverso un’ampia gamma di fonti: questa è l’ascesa della fiducia distribuita.

Con l’avvento dei social media nel ventunesimo secolo, la persona precedentemente nota come consumatore passivo partecipa improvvisamente come ambasciatore sociale attraverso post di foto e “Mi piace”. Oggi i clienti sono venuti a creare comunità e queste comunità sono diventate esse stesse le piattaforme che danno forma agli alti e bassi di un marchio. In particolare, piattaforme come Twitter e Facebook si sono posizionate come un luogo privilegiato per comunicare a livello di massa, consentendo ai movimenti sociali di nascere da un semplice hashtag, come è avvenuto per #BlackLivesMatter dopo l’omicidio di Trayvon Martin. L’aspetto negativo è che il public shaming online si è evoluto in quella che oggi viene chiamata cancel culture o la pratica o la tendenza di impegnarsi nella cancellazione di massa come un modo per esprimere disapprovazione ed esercitare pressione sociale. Questi fenomeni riflettono la natura profondamente trasformativa di queste piattaforme, portando anche a cambiamenti sociali a vari livelli.

La sfida attorno a questo nuovo cambio di fiducia, quindi, sta nel dirigere la barca verso la giusta direzione. Le tecnologie e le piattaforme che si aggrappano al potenziale di questa nuova fiducia distribuita sono tutt’altro che infallibili e le questioni che contano davvero sono etiche e morali, non solo tecniche. Dobbiamo riflettere collettivamente molto su queste questioni, altrimenti la testa, il cuore e l’anima di queste piattaforme e tecnologie non saranno quelle che non sono sociali né civili.

Mentre la tecnologia continua a progredire, non dobbiamo dimenticare di mettere al primo posto la dignità dell’uomo, dovendo a volte chiudere un occhio sull’efficienza o sulla logica algoritmica, ponendo sempre lo sviluppo umano integrale su un piedistallo più alto. Concludo con alcune parole di papa Francesco: «È evidente che la tecnologia può essere uno strumento di bene, ed è uno strumento di bene […], ma non può mai sostituire il contatto tra noi, non può mai sostituire una comunità in cui radicarci e in cui far sì che la nostra vita diventi feconda». Piuttosto che consentire alla rivoluzione digitale di aprire un grande divario all’interno delle società, lasciamo che la tecnologia serva da strumento in grado di generare fiducia e avvicinarci, non necessariamente nel senso più tradizionale, ma in un modo che sia in armonia con l’inevitabile marea che è vicina.

*IT manager del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

guarda il videohttps://youtu.be/arihhJefqdo