La missione (im)possibile del Papa: bussare a ogni porta nel nome della pace

«La pace si fa sempre aprendo canali, mai si può fare con la chiusura. Invito sempre ad aprire rapporti, canali di amicizia. Questo non è facile. Lo stesso discorso l’ho fatto con Orban e un po’ dappertutto». Così ha risposto papa Francesco nel corso della conferenza stampa sul volo di ritorno da Budapest riguardo al colloquio avuto con il presidente ungherese Orbán e il metropolita russo Hilarion.

E in merito al dialogo con Mosca e al processo di pace è stato anche più esplicito: «Abbiamo parlato di tutte queste cose, non certo di Cappuccetto Rosso… A tutti interessa la strada della pace. Io sono disposto a fare tutto il necessario. Adesso è in corso una missione: ne parlerò quando sarà pubblica».

Si tratta di affermazioni che hanno provocato una certa sorpresa e diverse reazioni, non sempre, purtroppo, positive. Un esponente ucraino vicino all’ufficio presidenziale di Kiev ha subito dichiarato alla Cnn che l’Ucraina «non è a conoscenza» di una missione di pace del Vaticano per risolvere la guerra. Soprattutto quindi giungono in un quadro in cui la pace, tra controversie e assuefazione globale, appare obiettivo lontano, mentre tutto è impegnato in armi e niente o poco nella diplomazia, e fermare il treno che sembra conoscere solo il binario del conflitto appare un’utopia.

Ma il Papa è davvero in grado di raffreddare il fuoco delle armi in Ucraina? E di che natura è la missione di cui parla?

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