Mediterraneo, un ponte di speranza

L'intervento del Vescovo a Medì

Nei giorni scorsi al teatro Goldoni, si è tenuta l’edizione 2025 di “Medì”, il convegno promosso dalla Comunità di S. Egidio per valorizzare le città e le popolazioni che vivono affacciate sul Mediterraneo. (leggi anche https://www.santegidio.org/pageID/30284/langID/it/itemID/61033/A-Livorno-il-2-e-3-maggio-2025-il-convegno-Med%C3%AC-2025-Le-citt%C3%A0-vogliono-vivere-Memoria-migrazioni-e-futuro-nel-Mediterraneo.html)

Anche il vescovo Simone, invitato alla manifestazione, è intervenuto su questo tema. Ecco le sue parole

Il Mediterraneo ponte di speranza tra la terra di partenza e quella di arrivo

Mediterraneo cimitero. Mediterraneo culla di civiltà. Mediterraneo spazio di incontro tra popoli e culture…sono varie le possibili identità che può assumere quest’area geografia tanto strategica e rilevante da vari punti di vista, da quello geopolitico a quello pastorale.

In questa cerniera che collega il continente africano a quello europeo si sta giocando una partita internazionale, che vede coinvolte le potenze mondiali, spinte da interessi geopolitici ed economici. Le vittime di questi interessi sono uomini, donne e bambini trattati come numeri e usati ai soli fini elettorali. Un business economico non da poco, gestito dalla mafia libica e finanziato dagli Stati europei.

Il Mediterraneo continuerà ad essere “un cimitero a cielo aperto”, come lo ha definito papa Francesco, se non si innesteranno nuove logiche economiche e politiche, che puntano a ridare stabilità ai Paesi dell’Africa subsahariana e a creare rotte di ingresso legali e protette verso l’Europa. Si tratta, dunque, di ridare a questo mare la sua vocazione originaria di incontro e di dialogo tra i popoli e le culture, un ponte verso l’Europa carico di speranza che nasce da politiche e progetti concreti di accoglienza.

Dall’Africa si emigra, per una combinazione di fattori (guerre, povertà, sovrappopolamento, cambiamenti climatici), spesso tra di essi intrecciati.  Capiamo che il fenomeno migratorio in questa regione è molto ampio. Come apprendiamo dagli studi scientifici in materia, però, la maggior parte di coloro che lasciano le loro terre resta all’interno del continente africano, cercando spesso rifugio nei paesi limitrofi.

Cosa vuol dire farsi “migranti con i migranti”? Quale tipo di presenza? Alcune immagini.

LA TENDA

Una presenza che con un’immagine possiamo definire “della tenda” più che della casa, con una struttura leggera e fluida in continua riformulazione a seconda della direzione degli spostamenti. Una presenza, questa, che sa di vulnerabilità e di incertezza, caratteristiche queste della stessa migrazione. L’azione umanitaria invece è contraddistinta da una presenza in luoghi e contesti in cui è richiesto un aiuto sociale.

IL TRANSITO

Essere presenti nell’area del Mediterraneo è essa stessa una grande sfida, perché richiede una presenza con competenze diverse da quelle strettamente pastorali tipiche delle parrocchie o missioni linguistico-culturali in Europa. E’ necessario un lavoro più sinergico “valutando l’opportunità di una “Conferenza ecclesiale del Mediterraneo”. Non meno importante è il lavoro diplomatico per la costituzione di corridoi umanitari che garantiscano l’ingresso legale e protetto a quanti desiderano giungere in Europa.

L’ARRIVO

È sotto i nostri occhi la fatica dei Paesi europei, all’accoglienza dei migranti, di giungere ad un patto comune sulle migrazioni in chiave positiva. 

Intanto potremmo promuovere la costituzione di comunità ecclesiali accoglienti, tramite una pastorale interculturale ed interreligiosa;  un investimento costante e convinto nella formazione delle nuove generazioni, come strumento privilegiato per abbattere i pregiudizi, evitare i fondamentalismi e costruire percorsi di pace tra i popoli.

Occorre, dunque, una riformulazione delle dinamiche pastorali europee nell’ottica della specificità e delle nuove sfide che la mobilità umana presenta. E occorrono nuovi profili professionali che sappiano agire in modo diversificato in questi ambiti d’azione.

La speranza: una liberazione dalla moderna schiavitù, in cui Dio è colui che ascolta il grido di dolore del suo popolo, e ogni uomo e donna che il migrante incontra lungo il suo cammino, è lo strumento per giungere alla nuova terra promessa.

IL COMUNICATO FINALE DEL CONVEGNO

 Medì: “I corridoi umanitari e l’accoglienza alternativi ai naufragi delle persone e della storia”

Le testimonianze di Maria Quinto, Darya Majidi e Vito Fiorino al convegno internazionale di Sant’Egidio a Livorno.

Giani: “I 20 mila ucraini che abbiamo accolto in Toscana sono per noi una grande ricchezza. Le piccole comunità e non solo rivivono grazie agli immigrati”

Da 9 anni, Maria Quinto, insegnante, responsabile dei servizi per i migranti promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, vive tra Roma e Beirut per sostenere il progetto dei corridoi umanitari, percorsi legali e sicuri con cui i profughi  vengono registrati e fanno ingresso nei Paesi d’accoglienza (Italia, Francia, Belgio e Andorra) senza affidarsi agli scafisti e pericolosi viaggi che possono finire in un naufragio. Quinto ha raccontato a Medì,  a Livorno, dove la Comunità di Sant’Egidio ha raccolto i rappresentanti delle Città del Mediterraneo, a un’affollata platea con tanti studenti venuti al Teatro Goldoni, l’intricata e sofferente situazione del Libano e della Siria, paesi confinanti, lancinati dagli effetti dei conflitti, che determina spostamenti di tanta parte della popolazione. Molti siriani sono rifugiati nei campi profughi del Libano, ma paradossalmente, proprio quando diventava necessaria la tutela dopo gli ultimi e recenti rivolgimenti a Damasco, i Paesi europei hanno sospeso i percorsi di riconoscimento dei profughi, con un “tempismo” che fa pensare. Eppure, Maria Quinto, “beiruttina” di adozione, ha potuto in questi anni con Sant’Egidio e grazie ai protocolli con gli Stati e la collaborazione di parrocchie, imprese, realtà associative, salvare letteralmente 9 mila persone, ora inserite nelle città europee e tra di esse Firenze, Pisa e Livorno.

Toccante la testimonianza di Vito Fiorino, da imprenditore di successo a Milano ad artigiano per passione a Lampedusa, dove il 3 ottobre 2013 ha soccorso i migranti che fecero naufragio a pochi dalle coste dell’isola, salvando con i suoi amici 47 persone da una delle più terribili tragedie del mare. Lo ha fatto con una barca che aveva comprato usata, che portava la scritta ‘Nuova speranza’ e che aveva rimesso a posto.  Da allora l’impegno per la giustizia e per la vita dei migranti è diventata una missione.

A Medì ha portato il suo saluto sabato il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani: “Dobbiamo costruire un integrazione europea che consenta al vecchio continente di avere la sua voce e parlare in modo autorevole a questo mondo e, anche in questa prospettiva, l’orizzonte del Mediterraneo è fondamentale. Condivido il lavoro che porta avanti Sant’Egidio. L’accoglienza ci dà futuro. Nelle piccole comunità della nostra regione fa rinascere paesi e lavori necessari, come quelli legati al controllo delle fragilità del territorio. L’accoglienza è motore della crescita della civiltà. Penso ai 20 mila ucraini che abbiamo accolto in Toscana, alla ricchezza che essi sono per noi”.

Daria Majidi è “livornese”, ma è nata e cresciuta a Teheran, da padre musulmano e da madre cattolica: “Le guerre economiche – avverte con realismo – sono camuffate da guerre di religione”. Da Majidi un invito ai giovani a fare crescere le proprie competenze e a non trascurare le possibilità offerte dall’hi tech e dall’IA anche in ordine alla promozione per i diritti umani. Per lei che è stata un’informatica, assessora all’innovazione del Comune di Livorno, vice presidente della sezione locale di Confindustria,  si possono usare le tecnologie come voci di libertà e volano di potere delle donne per la libertà, contro matrimoni precoci, infibulazione, discriminazioni sul lavoro. Si può crescere studiando e, specializzandosi, frenare la migrazione dei giovani che, insieme alla natalità zero, impoverisce l’Italia che al tempo stesso ha bisogno, con percorsi intelligenti, di immigrati.