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La morte è una soluzione?
Pubblichiamo una riflessione di mons. Giusti a proposito del caso di suicidio assistito di Massimiliano, toscano, malato di sclerosi multipla, che ha chiesto di morire.
Oggi sui giornali campeggia la vicenda drammatica di un malato di sclerosi multipla il quale si è tolto la vita con il suicidio assistito in Svizzera. All’interno di una cultura profondamente individualistica dove riecheggiano slogan degli anni ‘70 sulla proprietà del proprio corpo, il corpo è mio e me lo gestisco io, sembra molto coerente la logica che conduce al diritto al suicidio e quindi all’eutanasia.
Credo che una riflessione vada svolta sull’esito di questo processo: la morte. Siamo sicuri che la morte è la soluzione dei problemi? Che la fine della vita biologica sia la soluzione a drammi esistenziali provocati da malattie gravissime? Un vecchio proverbio diceva che finché c’è vita c’è speranza. Cosa sappiamo noi della vita oltre la morte? Siamo sicuri che dopo la morte non c’è più nulla e così finisce ogni sofferenza? Ma il “nulla” esiste? Il “nulla” non è mai stato provato, non è stato mai dimostrato, non si riesce neppure a definirlo. Cosa sappiamo della vita oltre la morte? C’è da fidarsi della teoria del tunnel che conduce alla luce, in base a studi che sono ancora alle prime armi in merito al fine vita?Occorrerebbe più prudenza nel presentare la morte individuale come soluzione a malattie molto gravi. È evidente che per un credente la prospettiva è ben altra: i segni di vita oltre la morte che ci vengono offerti ripetutamente dalle vicende umane di una moltitudine di uomini e donne che la chiesa chiama santi, ci presentano ben altro orizzonte. A partire dalla risurrezione di Gesù Cristo sono avvenuti e continuano ad accadere una serie di fenomeni che parlano di vita oltre la morte, in tutte quelle persone che hanno fatto dell’amore e del dono di sé la loro legge. Constatiamo che soltanto l’amore resiste alla morte e la vince. Solo nell’amore c’è la risposta ad ogni sofferenza.
mons. Simone Giusti, vescovo
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