I vescovi: per il lavoro un’alleanza sociale generatrice di speranza

Diffuso nella Solennità di san Giuseppe, il messaggio della CEI per la festa dei lavoratori

n occasione della Solennità di san Giuseppe la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, a nome dei vescovi italiani diffonde il Messaggio per la festa dei lavoratori che si celebra il Primo Maggio. Il tema di quest’anno è “Il Lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”. Un messaggio che affronta le sfide che il mondo del lavoro deve risolvere: dal lavoro da remoto, alla disoccupazione, dai lavori poveri ai problemi di conciliabilità tra lavoro e vita familiare. Di seguito il testo del Messaggio.

Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza.

La Festa dei Lavoratori, in questo Anno giubilare, vuole offrire orizzonti di speranza agli uomini e alle donne del nostro tempo, consapevoli «che il lavoro umano è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista del bene dell’uomo» (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3). La tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come Papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, Spes non confundit, 12).

L’esperienza della pandemia ci ha consegnato un modo di lavorare nel quale è possibile coniugare in molte circostanze lavoro in presenza e a distanza, aumentando la nostra capacità di conciliare vita di lavoro e vita di relazioni soprattutto nel cosiddetto smart-working, ma rischiando anche di impoverire i rapporti umani tra i lavoratori e le stesse relazioni familiari. Un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia. Inoltre, oggi, con quello che viene chiamato mismatch, ossia il disallineamento tra domanda e offerta, assistiamo contemporaneamente al fenomeno di posti di lavoro vacanti, che non trovano personale con le necessarie competenze, e giovani disoccupati che non hanno i requisiti adatti. Resta sullo sfondo, infine, la dura «legge di gravità» della competizione globale per la quale le imprese cercano di localizzarsi laddove i costi (quello del lavoro incluso) sono più bassi. E questo alimenta una spirale al ribasso su costo e dignità del lavoro.

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