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La decisione a Roma
Cippi funerari al posto delle croci, e per identificare ogni sepoltura un codice alfanumerico associato a un numero di protocollo custodito in un elenco consultabile solo da chi ne ha titolo.
A Roma l’Assemblea Capitolina ha deliberato ieri l’attesa e lungamente discussa modifica del Regolamento di polizia cimiteriale del 1979, cui si era posta mano due anni fa dopo la denuncia di una giovane che si era ritrovata il proprio nome in chiaro sulla croce del figlio abortito.
Un errore dell’amministrazione – l’anonimato delle madri dev’essere garantito, salvo diversa richiesta, così come la piena libertà di decidere se seppellire i resti – che aveva suscitato la richiesta di rendere inequivoche le regole applicate nei cimiteri romani. Ora si è disposto che – la terminologia è quella introdotta nei nuovi articoli 4 e 28 – l’inumazione dei «prodotti abortivi» (da 20 a 28 settimane di gravidanza) e dei feti (oltre le 28 settimane) è automatica e avviene nelle stesse aree dei bambini nati morti.
Sotto le 20 settimane si parla invece di «prodotti del concepimento» destinati a essere inceneriti d’ufficio a meno che ne chieda il seppellimento quella che il regolamento non chiama «madre» ma «donna interessata».
Nell’acceso confronto che ha portato al nuovo testo è stata introdotta la possibilità per chi lo vuole di sostituire il codice con un nome, anche di fantasia, come un vezzeggiativo, o con un simbolo o una data. Introdotta anche l’opzione di chiedere la cremazione.