Attuare tutta la legge sulla parità

Completare l’applicazione della legge sulla parità scolastica, garantendo la piena e vera libertà di scelta delle famiglie in campo educativo. Due temi che stanno a cuore all’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc) che proprio in questo fine settimana tiene il Consiglio nazionale a Milano guidato dalla presidente nazionale Catia Zambon.

Presidente, il vostro Consiglio si colloca in un momento politico di passaggio. Quali aspettative avete nei confronti del nuovo governo?

Ci aspettiamo che il nuovo governo ponga una seria attenzione nei confronti delle famiglie e delle tematiche educative. Dai programmi messi in campo durante la campagna elettorale da parte di tutti i partiti si è preannunciata grande attenzione su questi temi. Ecco perché ci aspettiamo che il nuovo governo sia sensibile e voglia davvero investire nel presente sulla famiglia e sulla scuola per creare un futuro migliore. Ci vorrà tanto coraggio, perché investire nella scuola e sulle famiglie richiede tempi lunghi per vederne i risultati e spesso prevale la logica delle azioni per creare consenso immediato. Vista la dichiarata attenzione in campagna elettorale ci auguriamo che arrivino passi per garantire la vera e piena libertà di scelta delle famiglie in campo educativo. Una richiesta che nasce dal rispetto dei principi costituzionali. Niente di più. Una libertà di scelta vera, così come prevista dalla legge 62 del 2000 – quella sulla parità scolastica – che è sicuramente stato un passo significativo.

Legge che ha compiuto 22 anni, ma che molti definiscono “incompiuta”…

Ed è così. Si può dire che la parte relativa al riconoscimento giuridico delle scuole paritarie è stato attuato riconoscendo che stiamo parlando di un unico sistema nazionale con gestori diversi. Ma nella seconda parte – quella economica – molto resta da fare. Certo lo Stato riconosce un contributo per le scuole cattoliche, ma non è affatto sufficiente a coprire i costi, che a questo punto gravano in parte sulle famiglie. E per molte di loro significa non poter esercitare davvero la libertà di scelta proprio per i costi che dovrebbero sostenere.

E la detrazione fiscale su una quota delle rette?

Un importante riconoscimento, ma nei fatti simbolico, visto che in detrazione si può portare il 19% dei costi sostenuti per le rette, ma fino a untetto massimo di 800 euro. Cifra decisamente

più bassa di quanto pagato dalle famiglie. E poi resta il problema di quelle famiglie che non hanno reddito e che allo stato attuale non possono mettere in atto la loro libertà di scelta costituzionalmente prevista. Occorre garantire a tutti questo diritto. Non spetta a noi indicare uno strumento o un mix. In Europa i diversi Stati hanno trovato soluzioni differenti.

Che ruolo possono giocare gli Enti locali sul tema della libertà di scelta delle famiglie?

Molti Enti locali hanno cercato in questi ultimi decenni di mettere in campo strumenti e contributi che andassero in quella direzione. Contributi come il buono scuola o la dote scuola. Gli Enti locali hanno dato un aiuto alle famiglie, ma questo aiuto non è sufficiente e neppure stabile nel tempo, perché soggetto a possibili restrizioni o modifiche nel corso degli anni con il susseguirsi delle amministrazioni. E la mancanza di certezza di un contributo nel tempo non aiuta una famiglia nella scelta di iniziare un percorso nella scuola paritaria. Comunque va riconosciuto che molti Enti locali hanno tentato di dare risposte concrete.

Papa Francesco ha lanciato con forza un nuovo Patto educativo globale. Quale contributo mette in campo l’Agesc?

Il magistero del Papa, così come la Dottrina sociale della Chiesa sono il nostro faro come associazione ecclesiale. Siamo pienamente inseriti nella visione che il Papa ha espresso sul Patto educativo globale. Tra le nostre attività vi è quella di fare rete per sostenere proprio i genitori, per farli diventare consapevoli e protagonisti dentro una alleanza educativa con la scuola e con tutte le agenzie educative del territorio in cui gli istituti operano, perché crediamo che quando una scuola chiude sia una grave perdita non solo per docenti, studenti e famiglie, ma per l’intero territorio in cui operava.