Elia Benamozegh, livornese erudito e filosofo

Giornata di studi

Presso la sede di Castagneto Banca si è tenuta una interessantissima giornata di studi su Elia Benamozegh grazie alla gentilezza del direttore, il dottor Roberto Pullerà  il quale molto vicino alla Comunità ebraica e alle iniziative culturali labroniche ha messo a disposizione il salone dei convegni della Banca. Nei saluti iniziali ha infatti sottolineato l’importanza di questa giornata celebrativa.

Il presidente della Comunità Ebraica Vittorio Mosseri ha ricordato che l’iniziativa prende il posto di un evento molto più importante della durata di due giorni che doveva aver luogo nel novembre del 2023 presso il teatro Goldoni, ma che a causa degli efferati eventi del 7 ottobre non è stato possibile realizzare. La Giornata di studi ha convocato ugualmente studiosi e ricercatori di alto livello per poter celebrare un Rabbino che ha tanto dato all’ebraismo e alla cultura europea e in un futuro prossimo proseguiranno altri approfondimenti.

Tra i relatori presenti Gloria Arbib che ha presentato il catalogo unico e collettivo del libro stampa in ebraico presso le biblioteche italiane. Gianfranco Disegni del collegio rabbinico di Roma ha presentato Em la-Miqrà, il commento alla Torà di Elia Benamozegh, che non piaceva ai rabbini di Aleppo e Damasco; Irene Kajon dell’Università La Sapienza di Roma ha parlato dello spinozismo e anti-spinozismo nel suo pensiero e Joseph Levi direttore della scuola di cultura e studi ebraici Shemà che ha commentato la lettura universalistica della qabbalah di Elia Benamozegh.

Il professor Alessandro Guetta professore all’Istituto di Lingue e civiltà Orientali a Parigi ha invece descritto la figura di Benamozegh quale erudito e filosofo nel dibattito europeo. Pensatore e teologo ebreo, nacque a Livorno da famiglia marocchina il 24 aprile 1823 e ivi morto il 6 febbraio 1900. Sostenne che bisognava includere nella dottrina dell’ebraismo anche la teologia qabbalistica, come tradizione dogmatica, accanto alla tradizione talmudica. Da tale premessa derivò tutte le sue vedute su Dio, immanente nel mondo e attività eterna, e sulla legge di Dio, distinta in legge noachide, destinata all’umanità intera, e legge mosaica, rivolta ad Israele, concepito, a sua volta, come sacerdote del genere umano. La famiglia materna – i Curiat – era molto nota nel mondo ebraico per aver dato numerosi rabbini e studiosi di filosofia, morale e, in genere, di cultura ebraica. Di ingegno precoce, fu per alcuni anni apprendista nel negozio di un ebreo tunisino e poi impiegato presso il banco Cave Bondi; affermatosi però prestissimo come profondo conoscitore di tutti i problemi e aspetti della cultura ebraica – già all’età di sedici anni pubblicò una prefazione agli scritti cabalistici dello zio Y. Curiat e nel 1846 entrò nel medrash di Beth Josef Franco e poté così dedicarsi completamente agli studi. Fu quindi nominato anche rabbino predicatore della comunità di Livorno. Anche dopo che, nel 1865, furono abolite le prediche, la comunità continuò a fare ricorso a lui nelle occasioni più solenni: tra l’altro, nel 1878, tessé l’elogio funebre di Vittorio Emanuele II (Nelle solenni esequie a S. M. Vittorio Emanuele II, Livorno 1878). Sino alla morte, avvenuta a Livorno il 6 febbraio 1900, si dedicò all’insegnamento rabbinico.

Egli fu autore di numerosissime opere in italiano, in ebraico e in francese e anche se alla sua scuola si sono formate alcune delle più significative personalità ebraiche italiane del XIX e del XX secolo, il suo pensiero ebbe, nel clima assimilazionista e razionalista del tempo, scarso seguito; le sue opere e le sue teorie non mancarono anzi di trovare tenaci avversari. Per Benamozegh inoltre, la dottrina qabbalistica è “teologia rivelata” e risale alla rivelazione sinaitica: la teologia qabbalistica è dunque essenziale per la religione e ne costituisce la tradizione filosofico-teologica; senza di essa il mosaismo stesso manca di base. Lo Zóhar, pertanto, ha per lui una importanza pressoché pari a quella della Bibbia e del Talmud. Sempre da un punto di vista ebraico, importanti sono le prese di posizione   a sostegno dell’idea nazionale ebraica e dei diritti degli ebrei su Erez Israel. Ciò non toglie però che egli fosse e si sentisse profondamente italiano: nel 1847, predicando nel tempio maggiore di Livorno, affermò esplicitamente che gli ebrei dovevano amare l’Italia “dopo Dio, sopra ogni affetto terreno” .

Il pensiero religioso e morale ebbe risonanza anche fuori del mondo colto ebraico. Non solo ebbe rapporti con G. Mazzini, A. Frank e E. Renan, ma, attraverso A. Pallière, influenzò notevolmente p. Hyacinthe Loyson e alcuni settori del cattolicesimo francese vicini al modernismo. In Morale juíve et morale chrétienne e in Israël et Humanité sostenne che nell’ebraismo si troverebbero tutti gli elementi essenziali di una religione universale. Il cristianesimo non può non essere la religione dei Gentili, esso deve però attingere dall’ebraismo di che correggere alcuni errori dogmatici e dissipare funesti malintesi. La religione futura dovrà rifarsi all’ebraismo e conciliare al tempo stesso ragione, civiltà e fede.

Questo grande Rabbino e pensatore deve ancora essere “esplorato” e approfondito per la sua grande erudizione da richiedere studi appositi e il professor Guetta ha annunciato una sezione di studi su Benamozegh con borse di studio.

Infine Roberto Funaro responsabile dei Beni culturali ebraici ha presentato il recupero del bellissimo portale dell’antico tempio di Livorno distrutto durante la seconda guerra mondiale. Durante il riordino del museo Marini sono state ritrovati i resti di questo bellissimo portale e con gli studiosi hanno cercato di ricostruire e ricomporre la struttura. A breve dopo i controlli e il placet dei beni culturali dovrebbe il Portale trovare una degna collocazione nello spazio davanti all’attuale sinagoga costruita nel luogo dov’era stata distrutta quell’antica che per bellezza e per grandezza era seconda solamente alla grande sinagoga di Amsterdam.