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Utero in affitto: lo scandalo dei bambini non voluti
di Antonella Mariani
Avevano pagato una donna perché partorisse i loro figli. Ma uno è morto alla nascita e l’altra ha riportato danni cerebrali irreversibili. Così i suoi genitori legali, arrivati dagli Stati Uniti, hanno ripreso l’aereo abbandonando all’ospedale la neonata sebbene porti il loro cognome.
È una storia atroce, quella che arriva dall’Ucraina, il Bengodi europeo dalla maternità surrogata; quella di una bambina prima commissionata e poi scartata come un prodotto difettoso e che ora cresce tutta sola in un orfanotrofio. Una storia emersa grazie alla tenacia di una giornalista della rete australiana Abc News, Samantha Hawley, che dopo un anno di ricerche ha incontrato la piccola Bridget e l’infermiera che si occupa di lei nell’istituto di Zaporizhzhya, un centro industriale a sud-est della capitale Kiev.
Questi i dati di cronaca, raccontati da Hawley in un toccante reportage televisivo di oltre 20 minuti e in un lungo articolo rintracciabile sul Web: M. S., 39 anni, e la matura moglie I. P., 61, stipulano un contratto di utero in affitto in Ucraina. Nel febbraio 2016 la madre portatrice, che vive nell’area di guerra, a Donetsk, mette al mondo due gemelli alla 25esima settimana di gestazione. Uno muore. L’altra è Bridget, 800 grammi di peso. I medici riscontrano danni cerebrali. La coppia americana è delusa, si aspettava un figlio perfetto, non certo un prodotto difettoso… Così rifiutano Bridget, tornano in California e dopo cinque mesi, con una lettera formale chiedono ai medici di «staccare la spina» alla figlia lontana, visto che le sue condizioni appaiono irreversibili. Si apre una questione: la bambina è legalmente figlia di due americani, non ha la cittadinanza ucraina, non può essere dichiarata adottabile e dunque resta in orfanotrofio, compromettendo le possibilità di ripresa che avrebbe avuto in una famiglia amorevole.
Due anni dopo la nascita i coniugi inviano un ulteriore documento, «firmato alla presenza del console generale dell’ambasciata Usa», in cui danno il loro consenso all’adozione di Bridget. Ma questo non cambia la sorte della piccola.
Inaspettatamente, comunque, Bridget vive. Cresce. Oggi ha 3 anni e mezzo, è disabile, ha un ritardo intellettivo e motorio, ma con la sua dolcezza abbaglia la giornalista australiana che è riuscita a rintracciarla e incontrarla. L’infermiera che segue Bridget da quando è nata, Marina Boyko, la fa giocare, la abbraccia e assicura che la piccola bionda è in grado di capire ciò che le si dice. I genitori americani, interpellati da Abc News, confermano i fatti ma non spiegano le ragioni del loro rifiuto, peraltro piuttosto chiari. Il Garante dell’Infanzia ucraino è al corrente dei fatti, conosce la storia di Bridget e si lascia sfuggire che i figli della surrogata scartati dai committenti perché imperfetti sono almeno una decina. I casi noti.
In Ucraina la surrogata commerciale è legale per le coppie eterosessuali sterili anche straniere e in pochi anni, con la sua rete di cliniche e di madri portatrici, assoldate tra le ragazze più povere, è diventata una delle mete favorite per gli aspiranti genitori del ricco Occidente.
A svelare uno dei volti meno noti e più disumani dell’utero in affitto – quello dei figli scartati – è la stessa reporter che nel 2014 scoprì il caso di Gammy, il neonato affetto dalla sindrome di Down che, a differenza della sorellina, fu rifiutato dalla coppia australiana che la lasciò alla madre surrogata, una giovane thailandese povera in canna. Dopo Gammy, Samantha Hawley nel 2015 si mise sulle tracce di un maschietto rifiutato in India dalla coppia committente australiana che anche in quel caso portò con sé la sorellina, ma trovò un tale muro di omertà che non riuscì mai a documentare la vicenda. La triste sorte di Gammy colpì l’opinione pubblica ed ebbe un effetto dirompente, tanto che oggi sia la Thailandia sia l’India hanno messo al bando (ufficialmente) per gli stranieri l’utero in affitto. Il mercato asiatico si è ristretto, dunque, lasciando ancora più spazio all’Ucraina. Uno sfruttamento disumano di donne bisognose, che tra gli altri “danni collaterali” enumera lo scarto degli «imperfetti». Come Bridget.