Media
Giubileo. I social: da muri a porte di speranza
Chiamati a costruire nei luoghi comunicativi

Siamo ormai sulla soglia della porta santa che ci spalancherà verso l’esperienza viva del Giubileo. Una porta fisica, che varcheremo in questo anno così importante, ma anche il segno di altre porte, chiamate a diventare “sante”, non fatte di bronzo o di legno, ma di carne e di cuori.
Ogni nostra relazione quotidiana, ce lo ricorda spesso il Santo Padre Francesco, è chiamata ad essere come una porta, da tenere aperta; una porta attraverso la quale tutti possano passare per incontrare il Pastore Gesù Cristo.
È un fatto che molte delle nostre relazioni – ormai quasi non più nettamente catalogabili come fisiche o virtuali – passino attraverso i media digitali ed i social network. Con tutte le considerazioni già note e tutte le cautele del caso, è palese che i media digitali rappresentino ormai una componente importante del grande “spazio vitale” nel quale viviamo, esistiamo, operiamo e ci relazioniamo quotidianamente con gli altri.
Si parla spesso di “sfide” in relazione al mondo digitale: ma più che essere nel mondo delle sfide quasi fossero qualcosa di straordinario, una “eccezione”, quello che viviamo è impegno ordinario che trova nel nostro modo di comunicare, l’espressione concreta della nostra fede.
Ogni giorno siamo chiamati a “dare testimonianza” vivendo la fede all’interno delle nostre relazioni e dei luoghi che queste relazioni “ospitano”. Ancora più all’interno del cammino giubilare che stiamo per iniziare tale impegno non può non diventare attenzione particolare, testimonianza speciale, responsabilità impellente.
Come vivere perciò il Giubileo sotto questa prospettiva?
La partenza sono due concetti legati, fondativi per l’esperienza giubilare, così come scaturisce dalla visione biblica da cui parte: liberazione e responsabilità.
Il Giubileo, lo sappiamo viene vissuto come esperienza di liberazione, o meglio, come atto di affidamento al Dio che libera.
«Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarate santo il cinquantesimo anno e proclamate la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia» (Levitico 25, 8-10).
Di fronte alla certezza che tutto è dono di Dio e dono dato a tutti, la liberazione giubilare – pur in una sua dimensione utopica – doveva essere garantita per “legge divina”, una legge sacra data da Dio per la liberazione del popolo.
Dice ancora il Levitico.
«Poiché è il Giubileo; esso vi sarà sacro; potete però mangiare il prodotto che daranno i campi. In questo anno del Giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo. Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello» (Levitico 25,12-14).
Se Dio vede tutti liberi e pensa ad un mondo come dono per tutti, la risposta dell’uomo – e questo è l’impegno del Giubileo anche oggi – non può che essere l’assunzione di responsabilità, operosa, concreta, vitale.
Nelle relazioni interpersonali, e anche nel conseguente uso dei media digitali, l’atteggiamento non può che ispirarsi a questi stessi principi.
Le relazioni tra noi sono in qualche modo uno spazio che Dio ci ha donato come luogo di tutti: un luogo “liberato”, voluto libero dal Creatore, affinchè l’uomo vi sperimenti l’accoglienza del Padre che è sempre atto di liberazione.
Accogliere l’altro, accettando di entrare – in ogni luogo – in relazione con lui, significa tenere per lui aperto uno spazio di libertà affinchè possa incontrare la gioia di essere liberato, salvato, da Dio.
Quando chiudiamo spazi di incontro, costruendo i nostri muri, noi stiamo impedendo ai nostri fratelli non solo di avere possibilità di parola o di dialogo umano. Questa sarebbe solo una prospettiva umana.
Quello che rischiamo di fare è ben più grave: è chiudere all’altro le porte della Casa di Dio!
Vivere l’Anno Giubilare significa perciò costruire quotidianamente nei luoghi comunicativi che siamo chiamati ad abitare (per vocazione!) spazi di liberazione, dei quali sentirci responsabili.
Di una responsabilità che alla fin fine….è nei confronti di Dio e del suo desiderio di tenere sempre…le porte aperte. Le porte del Giubileo…quelle fatte di carne e di cuori!
Guarda il video https://youtu.be/1HNKdsdmVA0